Dopo la prima sosta a Tokyo, continuiamo il nostro
viaggio in Giappone pianificato con
ChatGPT.
Se sei curioso di
conoscere come l’intelligenza artificiale mi ha aiutato a pianificare questo viaggio
assai complesso, ti invito a leggere la prima puntata.
È arrivato il momento per me, Sara e Andrea di salire sul nostro primo Shinkansen,
i famosi treni proiettile giapponesi.
Oltre al grande aiuto che dà
Google Maps, con le sue
indicazioni maniacalmente precise in Giappone, potete fare affidamento anche sulla
puntualità dei giapponesi: non importa se non siete in grado di leggere gli ideogrammi,
potete stare sicuri che se la partenza è programmata alle 15:36, il treno che a
quell'ora sarà sul binario è quello su cui dovete salire.
Quello che posso sicuramente consigliarvi è il JR Pass, un abbonamento ferroviario
riservato solo ai turisti e valido in tutto il Giappone. È valido, inoltre, anche
su molte linee urbane, ad esempio per il Narita Express che collega
l’aeroporto di Tokyo al centro e anche per alcuni traghetti, ad esempio quello che
useremo alla fine del viaggio per andare sull’isola di Miyajima.
Lo dovete acquistare prima di partire e poi lo ritirate direttamente in aeroporto
quando arrivate in Giappone.
Troverete molte agenzie in Internet che si offrono
di acquistarlo per voi e molti blog che vi consigliano, per risparmiare, di comprare
abbonamenti regionali invece che il JR Pass nazionale.
Ascoltate il mio consiglio,
ignorateli tutti, andate sul
sito ufficiale
(www.japanrailpass-reservation.net),
compratevi il JR Pass da soli e viaggiate sereni.
Kanazawa, la città dei samurai e delle geishe
La nostra prima tappa del viaggio on-the-road, anzi on-the-rails, è Kanazawa.
Questa città elegante affacciata sul Mare del Giappone è una specie di Kyoto in
miniatura, ma senza la ressa e con una personalità tutta sua.
Basta un giorno e mezzo per vedere tutto, ma ne vale sicuramente la pena.
Innanzitutto
il Castello di Kanazawa con l'annesso e il curatissimo Giardino Kenrokuen.
Qui tra l’altro potrete assaggiare una trappola per turisti molto famosa.
Premetto che Kanazawa produce oltre il 98% delle foglie d’oro del Giappone,
usate per decorare templi, opere d’arte, lacca, oggetti da tè, ecc.
La foglia
d’oro (kinpaku) è un sottilissimo strato d’oro, spesso meno di un decimillesimo
di millimetro, al punto che basta uno starnuto per mandarla in mille pezzi. I maestri
artigiani di Kanazawa la battono con tecniche tramandate da secoli e la applicano
a oggetti di ogni tipo… compreso il gelato.
Lo ammetto, ho ceduto anche io.
E no, non sa di niente. Ma vuoi mettere la
foto?
Il secondo posto dove bisogna andare a Kanazawa è il Higashi Chaya,
il quartiere delle geishe dove le case da tè in legno scuro, le persiane
a grata, le lanterne appese sotto i portici richiamano alla memoria un tempo dove
samurai e mercanti danarosi venivano qui per assistere a spettacoli privati di musica
e danza eseguiti da geiko, le “artiste” di Kanazawa.
Oggi di geishe ce ne sono ben poche e si tengono alla larga dai turisti armati
di smartphone.
Se siete fortunati (o molto organizzati), potete anche partecipare
a uno spettacolo tradizionale o a una cerimonia del tè, dove tutto è controllato,
persino il rumore del vapore.
Il terzo e ultimo posto dove andare a Kanazawa è il quartiere Nagamachi,
che un tempo ospitava i samurai del potente clan Maeda.
Oggi, le sue stradine lastricate, i canali serpeggianti e i muri in terra battuta
con tetti in tegole trasportano i visitatori indietro nel tempo.
Se vi avanza tempo, dal quartiere dei samurai potete andare a visitare un’altra
quasi-trappola per turisti, il Ninjabuki Museum, il museo delle
armi dei Ninja. I Ninja, per chi si fosse perso le centinaia di film sull’argomento
che andavano di moda negli anni Novanta, erano spie e guerrieri del Giappone feudale
specializzati in infiltrazione, sabotaggio e spionaggio. A differenza dei samurai,
agivano nell’ombra e usavano astuzia, mimetismo e armi non convenzionali per portare
a termine missioni segrete.
Il museo è situato in una machiya, una casa
tradizionale in legno di oltre 100 anni, ed espone circa 160 reperti, tra cui falci,
armature samurai e altri strumenti utilizzati dai ninja.
Qui potrete cimentarvi
nell’arte delle shuriken (le stelle in acciaio) nel poligono appositamente
adibito, cercando possibilmente di non centrare la gentile signorina mentre vi insegna
la tecnica di lancio e portarvi poi a casa l’irrinunciabile foto.
Mangiare e dormire a Kanazawa
Adesso vi do due consigli per mangiare che valgono oro.
Se volete pranzare bene senza spendere una fortuna, dirigetevi senza esitare
all’Ōmichō Market, il mercato più famoso della città. Qui il pesce
arriva diretto dal Mare del Giappone e viene servito nel modo più semplice e autentico:
acquistato al banco e mangiato in piedi, con le bacchette in una mano e un fazzoletto
nell’altra.
Tra le opzioni più gettonate ci sono ostriche grandi come il palmo
di una mano, sushi con fette di pesce spesse un dito, ciotole di kaisendon
(riso con sashimi misto) e ricci di mare che sembrano ancora vivi.
Per cena invece, giusto per stare leggeri dopo l’abbuffata al mercato, non perdetevi
l’Hokkai Ramen Katamachi. In questo micro-ristorante, che probabilmente
troverete solo grazie alla mappa interattiva all’inizio del racconto, ti verrebbe
da dire che ci entreresti solo con i NAS.
Il gestore/cuoco/cameriere/barman non
spiaccica nemmeno una parola di inglese e il menu (visibile anche nella foto) è
un fogliettino rigorosamente in giapponese.
Però che ramen abbiamo mangiato...
super! Il migliore di tutto il viaggio in Giappone.
Per dormire invece, dopo la claustrofobica esperienza di Tokyo, finalmente abbiamo
un hotel con una bella stanza spaziosa e dei letti grandi.
Il
The Square Hotel Kanazawa è un bel hotel di design, raggiungibile in pochi minuti
di taxi dalla stazione dei treni e tatticamente a 1 minuto a piedi dal mercato di
Omicho dove vi ho già consigliato di a pranzare.
La posizione è perfetta, tutte
le attrazioni turistiche che vi ho elencato si raggiungono tranquillamente a piedi.
La sera (quando il mercato Omicho purtroppo è chiuso) in 10 minuti potete raggiungere
la parte più animata della città con una vasta scelta di ristoranti.
Difetti
non riesco proprio a trovarglieli.
La vita notturna di Osaka
La tappa successiva del viaggio sarebbe Kyoto
e i suoi dintorni, però vista la vastità dell’argomento preferisco dedicargli
un articolo a parte.
Perciò saltiamo per il momento Kyoto e andiamo
direttamente con il nostro treno proiettile alla tappa successiva: Osaka.
Molti blog e video YouTube la snobbano un po’: “Fateci una gita in giornata da Kyoto
e via.”
Errore gravissimo.
Perché il bello di Osaka arriva di sera, quando le luci si accendono e la città
si trasforma in un gigantesco luna park gastronomico.
Se Kyoto è il cuore del
Giappone, allora Osaka è lo stomaco.
A Osaka si va per mangiare e divertirsi
e per farlo bisogna assolutamente dormirci almeno una notte.
Il cuore pulsante è Dōtonbori, un quartiere che non dorme mai,
pieno di insegne animate, granchi robotici giganti, luci psichedeliche e fiumi di
gente.
Qui tutto ruota attorno a due cose: cibo e selfie.
Se a Pisa tutti si fanno la foto dove sembra reggano la torre pendente, a Osaka
tutti si fotografano su una gamba sola davanti al Glico Man!
Il cartellone del Glico Man è stato installato per la prima volta nel 1935 dalla
Ezaki Glico, un'azienda famosa per i suoi snack, che credeva fortemente nell'importanza
della salute e della vitalità.
A pochi minuti a piedi c’è il Kuromon Ichiba Market, paradiso
dello street food.
Tra le chicche imperdibili le takoyaki, le famose
polpettine di pastella ripiene di polpo, bollenti e ricoperte di salsa agrodolce
e katsuobushi (scaglie sottilissime di tonnetto essiccato e affumicato).
Per chiudere in dolcezza, la cheesecake di Rikuro Ojisan no Mise,
una nuvola calda, tremolante e profumata, che esce dal forno a ciclo continuo. Se
riuscite a tornare in hotel senza assaggiarla per strada, avete più disciplina di
noi.
Vediamo se con il video seguente riesco a rendere l’idea.
A pranzo siamo stati al Genrokuzushi Shinsaibashi, il nostro
primo kaiten-zushi, ovvero un ristorante dove i piattini di sushi scorrono
su un nastro trasportatore.
Se non si trova il sushi desiderato sul nastro, è
possibile effettuare ordini personalizzati tramite touchscreen e in pochi istanti
sul tapis roulant arriva un piattino dedicato solo a te.
Ogni piattino ha un
colore specifico che indica il prezzo, al termine del pasto il personale conta i
piattini accumulati per calcolare il totale.
Notare nella foto la pila di piattini
sul mio lato… e sto ancora mangiando.
Impossibile passare per Dōtonbori senza notarlo: un granchio meccanico gigante
muove minacciosamente le chele sopra l’insegna del Kani Dōraku,
uno dei ristoranti più iconici di Osaka.
Dentro, la scenografia non delude: camerieri in kimono, interni tradizionali
in legno e menu tutto a tema granchio. E con “tutto” intendo davvero tutto: granchio
crudo, granchio alla griglia, granchio fritto, granchio in zuppa, granchio in tempura,
granchio nel sushi e persino granchio nella chawanmushi (la crema d’uovo
al vapore).
Occhio al prezzo però: il conto è proporzionato alla grandezza delle chele del
granchio.
Dormire a Osaka
L’hotel
Kuromon Crystal Hotel era perfetto per le nostre esigenze: sperimentare la vita
notturna di Osaka per una sola notte.
L’hotel infatti è senza
pretese e a buon prezzo, situato in una via secondaria ma vicinissimo all’omonimo
Kuromon Market dove sperimentare il food street per cui è famosa la città.
A
un paio di minuti c’è anche il pezzo forte, ovvero i quartieri di Namba e Dotonbori,
dove la vita notturna giapponese è al suo massimo.
La colazione è modesta, però
per passarci una notte è perfetto.
Il Castello di Himeji, una tappa obbligata
Prima di puntare dritti su Hiroshima, vale la pena fermarsi a metà strada per
vedere qualcosa di imperdibile: un castello. Ma non uno qualunque, il castello
più bello del Giappone.
I castelli giapponesi non sono come quelli europei: più che bastioni inespugnabili,
sono eleganti strutture in legno, torri svettanti e mura bianche. Oggi ne restano
pochi in forma originale, e tra questi il Castello di Himeji è
il re indiscusso.
Soprannominato Shirasagi-jō, “castello dell’airone bianco”, per le sue
candide mura e le linee armoniose, domina la città con la sua presenza leggera e
maestosa. È uno dei pochissimi castelli originali rimasti in piedi, sopravvissuto
a incendi, terremoti e bombardamenti, praticamente un miracolo in legno.
Accanto al castello si trovano i giardini Kōko-en, un complesso
di nove giardini in stile Edo che ricreano atmosfere da film di samurai: padiglioni
sul laghetto, cascate zen, ponticelli e alberi scolpiti come bonsai giganti.
Arrivarci è facilissimo: basta scendere alla stazione di Himeji, proprio lungo
la linea dello shinkansen tra Osaka e Hiroshima.
Appena arrivati, lasciate
pure i bagagli in uno dei tantissimi depositi automatici a moneta della stazione
e in 10 minuti a piedi sarete già davanti all’airone bianco che vi aspetta.
Questa cosa dei depositi bagagli la trovo curiosa.
Mi spiego meglio.
Per
motivi di sicurezza, dopo l'attentato perpetrato a Tokyo nel 1995 da parte di una
setta, che nascose il gas nervino dentro i cestini della spazzatura, il governo
giapponese ha rimosso tutti i cestini pubblici dalla Nazione.
Al contrario però
i deposti bagagli, per lo stesso motivo quasi totalmente spariti in Europa e USA,
qui in Giappone continuano a prosperare… per nostra fortuna, perché trascinare la
valigia su e giù per le ripide scale in legno del castello non era un’opzione percorribile.
Davanti al castello, fuori dalle mura, c’è qualche ristorantino, niente di ricercato
ma va benissimo per recuperare le energie dopo aver camminato sotto al sole.
Apro una parentesi: spesso nei ristoranti giapponesi i camerieri hanno solo il
compito di servire ai tavoli, mentre per le ordinazioni ti devi arrangiare da solo.
Se sei fortunato ti danno un QR code che porta il tuo cellulare su un sito web dove
trovi il menu con le foto.
Se sei sfortunato all'ingresso del ristorante ti trovi
queste macchinette senza immagini, con le scritte in giapponese e la coda di giapponesi
dietro di te che sbuffa perché non ordini velocemente.
Hiroshima, una gita silenziosa
Arrivati la sera a Hiroshima, siamo giustamente affamati.
Però avevo calcolato tutto.
Vicino al nostro hotel c’è l’Okonomi-mura,
letteralmente significa "villaggio dell’okonomiyaki", un edificio di più piani,
interamente dedicato appunto all’Okonomiyaki.
Ogni piano ospita
diversi banchetti-ristorante uno accanto all’altro, ognuno con il suo stile, le
sue varianti e i suoi clienti affezionati.
L’Okonomiyaki di Hiroshima (ce n’è
una versione anche a Osaka), prevede una base di pastella, seguita da cavolo, carne
o frutti di mare, uova e soprattutto una generosa dose di yakisoba (spaghetti
saltati).
Il tutto è cotto su una griglia rovente (teppan) e servito
direttamente lì, spesso senza piatto.
Comunque un video vale più di mille parole.
Avevamo voglia di pizza e questa era la cosa che ci si avvicinava di più.
Visitare Hiroshima non è come visitare una città qualunque, qui la storia non
è scritta nei libri, è incisa nei muri.
Il 6 agosto 1945, alle 8:15 del mattino,
una bomba atomica esplose sopra il centro della città, annientando tutto in un raggio
di due chilometri e cambiando per sempre il corso dell’umanità.
Quella tragedia
viene raccontata in modo diretto, doloroso ma necessario, nel Museo della
Pace di Hiroshima: un percorso toccante e a tratti scioccante, con testimonianze,
oggetti carbonizzati e parole che colpiscono più di qualsiasi immagine.
È una visita che lascia il segno, nei giorni successivi il vostro cervello metterà
tutto il resto in prospettiva.
Accanto al museo si trova il Parco della Pace, con il celebre
Genbaku Dome (la cupola della bomba), unico edificio rimasto in
piedi vicino all’epicentro.
Lì accanto c’è una piccola costruzione circolare con al centro, sospesa, la
Campana della Pace. Può essere suonata da chiunque, un colpo solo
e quel suono che vibra come richiesta universale di pace, una che va oltre le lingue
e le religioni.
A pochi minuti a piedi dal Parco della Pace si trova il Castello di Hiroshima,
ricostruito fedelmente dopo la guerra. Circondato da un ampio fossato e immerso
in un parco tranquillo, offre un bel contrasto con l’emozione intensa del museo.
Gita in giornata da Hiroshima: l’Isola di Miyajima
Fino all'ultimo momento ho dubitato se aggiungere l'Isola di Miyajima
al programma di viaggio.
Fare tutta questa strada, treno più traghetto, per
vedere una porta (torii) rossa piantata in mezzo al mare, non mi sembrava
ne valesse la pena.
E invece meno male che non l'ho tolta dal programma!
La porta rossa è l’ingresso simbolico al santuario di Itsukushima,
costruito su palafitte e circondato da cervi in libertà, che qui sono ovunque e
sembrano più interessati ai vostri panini che alla spiritualità del luogo.
La maggior parte dei turisti si ferma qui, ma vi raccomando di andare oltre la
cartolina e prendere la funivia fino al monte Misen per poi tornare
giù a piedi attraverso il bosco.
Vi avverto però, anche se è tutta discesa, che i circa 2000 gradini si faranno
sentire a livello muscolare nei giorni seguenti, ma per fortuna nel nostro caso
saranno di totale relax al mare.
Lungo il sentiero si incontrano spesso curiose statuette agghindate da cappellini
e occhiali da sole.
Sembrerebbero la versione nippo-medioevale del nostro nano
da giardino, invece Jizō è una delle figure più amate del buddismo giapponese,
è il protettore dei bambini, dei viandanti e delle anime perdute. Questi accessori
moderni (cappelli, sciarpe, occhiali, a volte anche giocattoli) vengono messi sulle
statue dai visitatori o dai parenti come offerte o segni di affetto.
La tappa finale della vostra discesa è, secondo me, il pezzo forte dell’isola:
il complesso dei templi di Daishō-in è uno dei più affascinanti
e meno turistici del Giappone, una vera gemma nascosta.
Ci si arriva attraversando un giardino pieno di statue con i cappellini rossi:
sono i Rakan, discepoli illuminati del Buddha, spesso raffigurati in gruppi
numerosi ognuno con un'espressione e una posa diversa.
Lunghe file di ruote di preghiera, sale di meditazione decorate con cura e arricchite
da candele, ero distrutto dalla discesa dal monte ma qui mi sono trattenuto a lungo,
ogni angolo e ogni tempio riservava qualche sorpresa.
Tutti sanno che i giapponesi hanno una grande passione per pupazzoni in stile
manga.
Però a giudicare dalle statue mi sa che deriva da gusto e un’estetica
molto antichi.
Il Kappa è uno yōkai (spirito o demone del folklore giapponese),
può essere dispettoso o pericoloso, ma anche protettivo o portafortuna, a seconda
delle leggende.
Vi do un ultimo suggerimento riguardo a Miyajima: se venite solo per fotografare
la porta rossa, attenzione che il pomeriggio c’è la bassa marea e la foto potrebbe
non venire fuori come vi immaginavate.
Come vi dicevo all’inizio del racconto, se avrete avuto l’accortezza di calcolare
la validità del JR Pass in modo che valesse anche per quest’ultima giornata, sia
il treno per arrivare al porto che il traghetto sono compresi nell’abbonamento.
Dormire a Hiroshima
L’Hotel
Vista Hiroshima è un’eccellente soluzione in posizione centrale a Hiroshima.
Tutte le attrazioni turistiche sono vicinissime, sia il Peace Memorial Park che
il castello.
La sera ad un minuto a piedi c’è il famoso Okonomi-mura, il quartiere
migliore dove assaggiare l’okonomiyaki.
Per la colazione potete decidere se farla
in hotel a buffet oppure spendere di meno e uscire per andare in uno dei tanti caffè
che ci sono in zona.
Okinawa, spiagge tropicali in Giappone
Come ogni viaggio dei nostri che si rispetti, una settimana la vogliamo dedicare
al mare e alle immersioni.
Ho poche cose da raccontarvi: baie tropicali meravigliose
e tanta natura.
Qui, a differenza del resto del viaggio, noleggiare un auto è d’obbligo, i trasporti
interni sono inesistenti.
Se per un giorno volete andare a visitare qualcosa, potete recarvi a
Naha, la capitale.
Oltre al bellissimo Castello Shuri,
purtroppo parzialmente in fase di restauro nell’estate 2024, potrete fare una passeggiata
in centro lungo la famosa Kokusai Dori shopping street.
Immersioni subacquee a Okinawa
Se siete amanti delle immersioni subacquee, questa parte del racconto sarà molto
importante per voi, leggetela non ve ne pentirete, vi farò risparmiare l’intera
giornata persa da noi per cercarci un diving.
Capiamoci, non è che manchino i diving, anzi ce ne sono anche troppi, il problema
è che al subacqueo medio giapponese non passa nemmeno per l'anticamera del cervello
di immergersi in alto mare, preferisce stare vicino alla costa, massimo 5 metri
di profondità, si fa un selfie e torna a casa contento. A questo aggiungete l’estrema
timidezza dei giapponesi, che piuttosto che provare a parlare inglese preferiscono
dirti che il diving è al completo.
Noi invece siamo arrivati a Okinawa con tutta l’intenzione di immergerci nei
relitti della Seconda Guerra Mondiale, in particolar modo volevamo immergerci sull’USS
Emmons.
La USS Emmons era un cacciatorpediniere della Marina degli Stati
Uniti, affondato al largo di Kouri Island, a nord di Okinawa, durante
la Battaglia di Okinawa.
Il 6 aprile 1945, la nave fu attaccata da cinque aerei
kamikaze giapponesi, le cui carcasse giacciono ancora sotto acqua attorno al relitto
a 40 metri di profondità.
Per trovare un diving che ci portasse lì è stata necessaria un’intera giornata
di ricerche in auto in giro per l’isola. Perciò segnatevi questo nome:
Piranha Divers all’Onna
Village, di proprietà di un tedesco (come vi dicevo un giapponese non si
sognerebbe nemmeno di andare a 40 metri di profondità).
Se il relitto è troppo per voi, con il suddetto diving abbiamo fatto anche una
bella immersione da terra al Mermaid Grotto, tra squali, tartarughe,
grotte e canyon: praticamente tutto il catalogo di piaceri subacquei.
Dove dormire a Okinawa
Abbiamo optato per una dei litorali più belli dell’isola, presso l’Hotel
Nikko Alivila a Yomitan.
È un “casermone” cinque stelle per famiglie, con camere molto spaziose e praticamente
tutte con una vista mare favolosa.
Una cosa bella del mare in Giappone è che i giapponesi preferiscono la piscina.
Perciò nel nostro hotel erano tutti stipati in piscina con i loro salvagenti
a ciambella oversize, mentre la bellissima spiaggia di finissima sabbia bianca,
gratuita e attrezzata, era mezza vuota.
Dove mangiare a Okinawa
L’hotel è dotato di molti ristoranti, tutti eccezionali ma anche molto cari.
Perciò saltate in macchina e segnatevi i ristoranti che ora vi dirò.
Se avete voglia di ramen, Ramen Jan a Toya
è eccezionale.
Dentro una fumosa casetta in legno frequentata solo da giapponesi,
un ristorante a gestione famigliare serve ramen da 10 e lode. Dovrete sedervi su
sedie in plastica se vi va bene, o per terra sui classici tavolini giapponesi se
vi va male, ma le vostre papille gustative vi ringrazieranno.
Se avete voglia di sushi allora da Hama Sushi a Chatan
potete riprovare l’esperienza di un kaiten-zushi, questa volta ancora più
tecnologico di quello di Osaka.
Qui, a parte alla fine della cena alla cassa,
non vedrete essere umano (e secondo me anche quest'ultimo sta incominciando a temere
per il suo posto di lavoro).
Innanzitutto all'ingresso si prende da una macchinetta
un foglietto con un QR code che sarà la vostra prenotazione.
Quando sul grande
schermo apparirà il vostro numero, dovrete scansionare il QR code su un'altra macchinetta
che vi rilascerà un secondo bigliettino con su scritto il numero del tavolo che
vi è stato assegnato, a cui vi dirigerete senza essere accompagnati.
A questo
punto su un tablet ordinerete ciò che vi aggrada e il nastro trasportatore ve lo
consegnerà direttamente, cioè i piattini scorrono direttamente al punto di consegna
e lì si fermano.
Sempre a Chatan, se per una sera avete voglia di piatti occidentali,
c’è l’American Village, praticamente un luna park a tema culinario costruito su
misura per gli abitanti della vicina base militare USA. Troverete di tutto, dalle
aragoste di Red Lobster, a piatti di pesce italiani all’Osteria
La Pesciolina.
Se come noi una sera la passerete a Naha, allora vale la pena provare un bella
bistecca Kobe al Sam's Sailor Inn lungo la Kokusai
street.
Mangiare una bistecca di manzo Kobe in Giappone è un po’ come
bere Champagne in Francia: un’esperienza da fare almeno una volta nella vita, possibilmente
a stomaco vuoto e portafoglio pieno.
Il manzo Kobe è una varietà di manzo allevato
secondo standard rigidissimi, ogni capo deve appartenere alla razza Tajima-gyū,
avere una genealogia certificata e vivere una vita da VIP: alimentazione controllata,
niente stress e in qualche caso (leggenda o verità?) persino massaggi e musica classica
per migliorare la marezzatura.
Il risultato?
Una bistecca che si scioglie in bocca, con venature di grasso finissime che sembrano
marmo. Non ha bisogno di salse o fronzoli: bastano una piastra rovente, un pizzico
di sale e una cottura rapida. Al primo morso capisci perché costa quanto un volo
low cost.
Se poi a servirtelo c’è un cuoco giocoliere, ai piaceri del palato si aggiunge
anche il divertimento.
E con questo è tutto, spero di avervi dato dei consigli utili, tra megalopoli,
tradizioni e stramberie ci siamo divertiti veramente molto.
E non dimenticate
di leggere il reportage su Kyoto!
Se avete domande
non fatevi problemi, scrivetemi qui sotto nei commenti.
Ti piacciono anche i video di viaggio?
Oltre alle foto che vedi in questo articolo ho anche girato alcuni video.
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