La Cina da secoli rappresenta un punto di riferimento per il commercio mondiale
e credo che sia così ancora oggi: è più facile conoscere italiani
che ci vanno abitualmente per lavoro piuttosto che compaesani che vi ci siano recati
solamente a scopo turistico.
Ma tra quelli che ci sono andati in vacanza, quanti hanno partecipato a viaggi
organizzati?
Credo la maggior parte …e posso capirlo: organizzare tutto non
è facilissimo, ma non è nemmeno poi così arduo.
I prezzi tra
l’altro sono ragionevoli e ciò non guasta.
Per decidere un itinerario
le guide da consultare non mancano e anche sul web si trovano molti suggerimenti.
Sfruttando i mezzi pubblici non sarà sempre possibile collegare le varie
destinazioni dell’itinerario ma, credetemi, quando si è là una
soluzione si trova rapidamente rivolgendosi ai banchi escursioni degli alberghi,
ad agenzie specializzate o ai tassisti incontrati per strada.
Non amo partire senza aver pianificato ogni spostamento, ma i viaggi
fai-da-te mi hanno insegnato che in Asia
(e in generale nei paesi in cui il costo della vita è basso) trovare qualcuno
che ti accompagni è facile, anche per lunghi tragitti.
Lo troverete anche
economico se vi dedicherete ad un po’ di contrattazione. Il primo prezzo di
solito è già ragionevole, ma si può sempre abbassarlo e vi
consiglio di farlo se non altro perché contrattare sui prezzi è un’autentica
esperienza cinese da vivere con serenità e magari un pizzico di determinazione.
Questo discorso non vale solo per gli “autisti” (definiamoli così)
ma anche per eventuali acquisti di abbigliamento e souvenir vari. Vi renderete poi
conto di come il nostro potere d'acquisto europeo ci consenta di cadere sempre in
piedi. Comunque non potete proprio perdere l’opportunità di commerciare
con il popolo di commercianti per antonomasia anche perché potrete vivere
situazioni divertenti da raccontare al vostro ritorno.
In generale credo che viaggiando in Cina, più che in tanti altri posti,
si possa fare veramente una collezione di episodi strani ed esilaranti.
Continuate
la lettura del racconto e non potrete fare a meno di pensare anche voi “cose
dell’altro mondo”…
Ko Tao e Hong Kong
Un attimo, cosa c’entra Ko Tao? In effetti niente, ma mi ero fatto l’idea
(forse sbagliata) che in Cina non ci fossero mete balneari degne di nota e quindi
prima di arrivarci io ed Anna ci siamo concessi una sostarella di otto giorni in
Thailandia.
L’arcipelago di Mu Ko Samui è già stato
descritto da Igor nel reportage Ko
Tao, Ko Phangan o Ko Samui? e noi non abbiamo molto da aggiungere sull'argomento
visto che ci siamo pure ammalati durante il soggiorno. Mi limito solo a darvi l’idea
di abbinarlo ad un viaggio in Cina, considerando anche che esistono voli diretti
da Ko Samui ad Honk Kong.

Vista del quartiere Central dalla Avenue of Stars
All'arrivo nell'ex-colonia britannica ci aspettava il comodo Airport Express,
un veloce treno che collega l’aeroporto al cuore finanziario della città,
posto sulla costa nord dell’isola di Hong Kong. Il servizio è
talmente integrato con le attività aeroportuali che nella stazione di Central è
possibile anche effettuare il check-in con il vantaggio di poter mollare lì
le valigie il giorno della partenza.
Probabilmente pernottare qui piuttosto che sulla penisola di Kowloon
non è comunque l'idea migliore, visti i prezzi mediamente alti degli alberghi
in questo quartiere.
La nostra scelta è caduta sul Mini Hotel Central, una struttura inquietante con stanze che per arredamento
e dimensioni risultano più simili a loculi che a camere. Per contro ha prezzi
accettabili e vanta una posizione molto tattica (a cinque minuti a piedi dal capolinea
dell’Airport Express).
Qui ha avuto luogo il rendezvous con l’amico
Pesa, giunto dall'Italia su due voli piuttosto economici della Lufthansa.
Ho dedicato all’esplorazione della città solo un dì e mezzo;
un paio di giornate in più sarebbero comunque state facili da riempire.
Complici le temperature piuttosto alte e i dislivelli da affrontare, la visita è
stata impegnativa oltre che soddisfacente.
Se non avete a disposizione un amico
o conoscente che viene spesso ad Hong Kong per lavoro a cui chiedere consigli su
cosa vedere, potete prendere spunto dalle attività che ho scelto io:
- esplorare a piedi il quartiere Central, all'ombra dei grattacieli che lo
caratterizzano (uno tra tutti quello della Bank of China);
- raggiungere il Victoria Harbour, imbarcarsi sullo Star
Ferry (un’icona old-style dei trasporti cittadini) e godersi la scenografica
traversata verso Kowloon;
- perdersi tra i centri commerciali più o meno moderni di Kowloon fermandosi
per un pasto (molto ampia e varia è la scelta di ristoranti),
- fare una passeggiata serale sulla Avenue of Stars, l’affollata
promenade di Kowloon con vista sui luminosi e luccicanti edifici dell’isola
di Hong Kong;
- buttare l’occhio sulla Government House, dal 1855 residenza del governatore
inglese e oggi del Chief Executive (stile rinascimentale/coloniale), rilassarsi
nel vicino Giardino Botanico;
- salire fino al Victoria Peak (con la funicolare denominata
The Peak Tram, in autobus oppure, sudando sette camicie, a piedi) e
ammirare la città dall'alto.
Quest’ultima è l’attività che ho preferito: davvero
affascinante la vista d’insieme della baia. Impressionante la quantità
di edifici in questa che è una delle zone più densamente popolate
del mondo. Per la cronaca io son salito in funicolare e sceso in autobus: le sette
camicie le avevo già sudate solo per arrivare alla stazione di partenza a
valle…

Panorama sulla metropoli dal Victoria Peak
Lì, sul fiume Li
Con un volo della Hong Kong Airlines nel tardo pomeriggio siamo giunti a
Guilin, cittadina (670.000 abitanti sono pochi per gli standard
cinesi) situata nel Nord Est del Regione Autonoma di Guangxi Zhuang
sulla riva ovest del fiume Li Jiang, “Li” per gli amici.
All'aeroporto ci attendeva il taxi che avevo richiesto all'albergo prescelto,
il
Vienna Hotel Guilin Airport Road.
Apro una parentesi: la signora che lo guidava
(non una parola di inglese pronunciata) ha stranamente coperto il tassametro con
un tappetino. Sospettavamo che sarebbe arrivato un conto molto salato per quei trenta
minuti circa di tragitto, ma eravamo davvero troppo prevenuti e ci siamo sentiti
un po’ in colpa rendendoci conto che quel passaggio era stato offerto dall'hotel.
La Cina è strana: quando pensi di aver capito come funzionano le cose ti
succede il contrario di quello che ti aspetti.
Chissà se questo servizio
era riservato a tutti i clienti oppure se, senza alcun motivo, ce l’hanno
dato solo perché lo avevamo chiesto gentilmente… Il servizio che più
ci interessava comunque era (chiusa parentesi) il desk dei tour organizzati e non
ci ha deluso organizzandoci per la mattina seguente una crociera in barca sul fiume
Li.
Guilin invece aveva poco da offrire dal punto di vista turistico e ci siamo limitati
a fare una passeggiata serale con cena nella sua affollata zona pedonale.
Di turisti occidentali ormai non se ne vedevano quasi più in giro. Non
fraintendetemi: era pieno di turisti, solo che avevano gli occhi a mandorla. I cinesi
sono tanti, tanti, tanti. Al giorno d’oggi viaggiano nel mondo, ma continuano
a visitare anche il loro enorme paese. Questo aspetto ci è diventato evidente
quando dal pulmino che ci ha raccolti in albergo ci hanno spostati su una corriera
ed è cominciata una lunga procedura di prelievo di persone da vari hotel
della città.
Turisti movimentati come bovini da un recinto all'altro!

Navigazione sul fiume Li
Dalla corriera ci hanno spostati su una barca e questa ha cominciato una navigazione
di quattro ore sul fiume rispettando scrupolosamente la posizione in un lunghissimo
serpentone di grandi imbarcazioni attraversando periodicamente sciami di piccole
barchette cariche a loro volta di turisti.
Una volta finito di ridere per questa
situazione surreale, abbiamo cominciato a concentrarci sul panorama.
Gli altri
passeggeri cinesi invece erano più interessati al pranzo servito sotto coperta,
al riparo dalla pioggia e quindi sul ponte dell’imbarcazione si poteva godere
tranquillamente del paesaggio: splendido, suggestivo.
Il corso d’acqua è
affiancato da centinaia di verdi colline carsiche che danno luogo a scorci molto
spettacolari. E’ una versione più grande di paesaggi come la valle
di Viñales a Cuba o Tam Coc in Vietnam.
Tendendo l’occhio si potevano anche osservare qua e là dei locali
che, in equilibrio su strette barchette o zattere di bambù, pescavano utilizzando
i cormorani. La sensazione è che questa arte sopravviva soprattutto in favore
dei turisti ma ho trovato comunque interessante vedere messa in pratica questa antica
tecnica di pesca.
La crociera terminava nel paesetto di Yangshuo il cui centro
si sviluppa con architettura tradizionale intorno al viale pedonale-turistico
Xijie.
Il posto è molto affollato, ma è incredibilmente
facile trovare la tranquillità esplorando le verdeggianti vallate carsiche
nei dintorni.
Abbiamo alloggiato per due notti presso il
C. Source West Street Residence, decisamente consigliabile sia per il comfort
che per la posizione centrale.

Viale pedonale-turistico Xijie
La cittadina è dotata di tutti i servizi tra cui una schiera di graziosi
ristoranti, mini-market (che vendono degli strani pacchetti con zampe di gallina),
bancomat (da cui abbiamo prelevato un po’ di Yuan) e agenzie turistiche.
In una di queste ultime abbiamo…
- acquistato un breve tour privato in auto e zattera lungo il fiume Yulong
(affluente del Li),
- noleggiato delle biciclette per esplorare autonomamente i dintorni,
- organizzato un trasporto in bus verso la destinazione successiva,
- comprato i biglietti per lo spettacolo serale Impression Sanjie Liu.
Pensavo fosse una trappola per turisti, ma quest’ultimo è stato
veramente una sorpresa in positivo: si tratta di una rappresentazione che usa come
palcoscenico l’acqua del fiume Li; ideata da Zhang Yimou, il più famoso
regista cinese, anima con musica la notte del villaggio e richiama a svolgere ruolo
di comparse centinaia di abitanti delle vallate circostanti.

Una scena dello spettacolo Impression Sanjie Liu
I variopinti giochi di luce che si stagliano sulla scenografia naturale delle
appuntite colline incantano gli spettatori del piccolo teatro all'aperto e contribuiscono
a lasciare in loro uno splendido ricordo di questo angolo sperduto del mondo.
Risaie, Bancomat e villaggi tradizionali
Montati su un autobus zeppo di turisti cinesi abbiamo salutato i pochi musi bianchi
di Yangshuo e siamo giunti dopo qualche ora alla nostra meta successiva, le Risaie
di Longji.
Nell’affollato ticket office, con i miei 185cm, svettavo abbondantemente
sopra le teste di tutti e con la bandierina del gruppo che mi avevano temporaneamente
affidato ho toccato anche il soffitto provocando una grassa risata generale. La
gag gestuale era ormai l’unico modo di interagire in modo simpatico con la
gente, perché la lingua inglese era utile quanto il quechua o l’ungherese.
Una serie di autobus gialli di medie dimensioni caricava i turisti e li portava
su per una ripida strada fino ad un altro parcheggio da dove si poteva cominciare
a camminare su sentieri lungo le pendici di una montagna seghettata dai terrazzamenti
delle risaie.
Scorcio
sulle risaie di Longji nei pressi del villaggio Ping’an
Forti piogge si alternavano a qualche breve schiarita e il cielo nuvoloso non
aiutava certo i campi di riso a dare il meglio dal punto di vista dei colori. Abbiamo
comunque raggiunto il villaggio Ping’an con case in legno
e pietra e goduto di qualche splendido scorcio su queste coltivazioni che nel loro
nome evocano la forma della “spina dorsale del drago”.
Nelle mie esperienze di viaggio ho avuto più volte l’occasione di
osservare incantevoli paesaggi rurali asiatici di questo tipo. Fino ad allora quello
di Sapa in Vietnam era quello che mi aveva affascinato
maggiormente ma forse questo nel Guangxi è ancora più
bello.
Quel pomeriggio avevamo poco tempo da dedicare alla zona e davvero essa
meritava una migliore esplorazione.
Col senno di poi la scelta giusta, anche
se meno confortevole, sarebbe stata quella di pernottare nelle spartane strutture
ricettive dei villaggi montani, ma il nostro programma prevedeva di tornare a valle
con il bus, raggiungere la vicina città di Longsheng e alloggiare
due notti presso il City Comfort Inn Long Sheng (non ho trovato
il link, presumo sia stato raso al suolo).
L’indomani comunque ci aspettava
un’intera giornata soleggiata per tornare ad esplorare la zona con il grosso
vantaggio che sapevamo meglio come muoverci: le premesse erano ottime.
La mattina ci siamo messi in movimento con calma e, visto che l’hotel era
adiacente al piazzale della stazione delle corriere di Longsheng, abbiamo pensato
di prendere un bus per arrivare alla biglietteria delle risaie.

Vista sulla cittadina di Longsheng
Ti pareva che, sul più bello che pensi di poterti muovere con disinvoltura
in Cina, tutto comincia ad andare rotoli: scopriamo che dai bancomat non riusciamo
più a prelevare Yuan!
Siamo andati un po’ in cerca ma le nostre
carte venivano respinte da ogni banca. Dopo aver contato i soldi che ci rimanevano
e considerando che avevamo appena cominciato ad addentrarci nelle zone remote della
Cina, la situazione non appariva rosea… il bus di linea poi ha impiegato
un tempo esagerato per arrivare a destinazione: continuava a fermarsi ovunque a
far montare persone che lo facevano aspettare in strada anche 5/10 minuti.
Una
volta arrivati a valle delle risaie ci hanno detto (diciamo “abbiamo intuito”)
che la strada era chiusa per una frana causata dalle piogge e che non era possibile
salire con i mezzi usati il giorno prima.
Pare che fosse possibile arrivare alle
risaie seguendo un altro percorso ma era già un po’ tardi e il “piano
B” assai fumoso. Siamo quindi tornati mestamente all'insipida Longsheng dove
ci aspettava un pomeriggio inutile condito da ansia e preoccupazione.
Continua a leggere il racconto se vuoi renderti conto di quanto facilmente potrebbe
fallire un viaggio in Cina.
Ecco, quando l’organizzazione sembra inesorabilmente naufragare, la Cina
ti cambia le carte in tavola e tutto comincia a filare liscio come l’olio:
Xion, l’autista che ci ha riportati in hotel era giovane, guidava con prudenza,
aveva un minivan dignitoso e soprattutto parlava un po’ di inglese (merce
rarissima!). Abbiamo quindi visto bene di accaparrarci i suoi servigi anche per
il giorno successivo. Lui ovviamente, avendo trovato la gallina dalle uova d’oro
era solo che contento.
Il programma prevedeva di raggiungere il villaggio Dong di Chengyang
ad un paio d’ore di auto da Longsheng nella contea di Sanjiang.
Attraversando l’omonima città, Xion si è fermato ad una
banca e l’apprensione sulla penuria di Yuan si è dissolta nel nulla:
il bancomat ha prontamente elargito denaro e l’avventura in Cina poteva continuare!
Siamo quindi giunti al Bridge View Boutique Guesthouse, una struttura in legno con camere dotate di terrazzi
affacciati sul fiume con vista su un bellissimo Ponte del Vento e della
Pioggia.
Se non vi concentrate troppo sulla cacca di gatto davanti
alla porta della camera allora potreste quasi trovarlo confortevole oltre che indubbiamente
affascinante.
Il gerente parlava bene inglese ed è stato gentile e prodigo
di consigli.

Il
Bridge View Boutique Guesthouse sullo sfondo di un ponte del vento e della pioggia presso
Chengyang
Alla reception, prima di salutare Xion, timidamente ci abbiamo provato… “domani
ci accompagni fino a Fenghuang”?
La nostra successiva
destinazione era a 4/5 ore di auto da lì ed eravamo già a due ore
da casa sua.
Lo abbiamo chiesto, ma non ci speravamo.
A sorpresa invece,
un paio di telefonate, una breve contrattazione e avevamo il nostro autista, dovevamo
solo accettare che sua moglie e il figlio di sei anni venissero con noi.
Pensate
che Xion con due telefonate aveva organizzato e offerto una gita per tutta la famiglia
a Fenghuang (scopriremo che oltre ai due passeggeri aggiuntivi del minivan c’era
anche un’altra auto carica di parenti).
Noi partecipavamo nella veste
di finanziatori.
A Chengyang durante la mezza giornata abbondante che rimaneva ci siamo dedicati
alla scalata di una piccola montagna (su un sentiero segnato) per arrivare a dominare
la vallata dall'alto.
Poi abbiamo passeggiato amabilmente tra le coltivazioni
di thè, grano, riso e infine esplorato le affascinanti viuzze del villaggio
Dong.
Ponti monumentali, mulini in bambù, case di legno e pietra: non
a caso questa remota regione è considerata la patria dell’architettura
tradizionale cinese.
Il suo fascino era amplificato dall'assenza di turisti
e dalla spontanea accoglienza delle persone incontrate. Una ragazza prima ci ha
stupiti attaccando bottone in inglese (era una studentessa di lingue) e più
tardi raggiungendoci nella nostra camminata con in dono un sacchetto di frittelle
fatte in casa.

Coltivazioni e architettura tradizionale presso Chengyang
Non dimenticatevi però che la Cina è tutto e il contrario di tutto:
dopo ore trascorse incontrando solo contadini, artigiani e giovani del luogo ci
siamo distratti un attimo. Voltato l’angolo siamo cascati in una trappola
per turisti: in una graziosa piazzetta dominata da una torre del tamburo abbiamo
assistito attoniti insieme ad una dozzina di turisti cinesi a uno spettacolino di
musica dal vivo e balli in costumi tradizionali. In realtà a questa manifestazione
mancava un connotato tipico della trappola per turisti: non si pagava e quindi ci è
rimasto il ricordo di una parentesi insolitamente innocente ed autentica.
Mi
piace credere che le voci della presenza occidentale siano corse veloci nel villaggio
e che la cosa sia stata organizzata in quattro e quattr’otto come forma di
accoglienza.
Fenghuang
Abbiamo lasciato la provincia del Guangxi di prima mattina e ci siamo addentrati
nello Hunan.
Dopo un’ora e mezza di strade sterrate,
un’ammissione di smarrimento da parte di Xion e una sosta-vomito per il bambino,
Fenghuang, la nostra successiva e lontana tappa, ha assunto i connotati
di un miraggio.
Le previsioni per quella giornata non erano buone: ci aspettava
un viaggio eterno ed infernale?
Continua nella lettura del racconto per capire come si viaggia in auto nelle
regioni centrali della Cina.
Ti è piaciuto fino ad ora il racconto del viaggio?
Prima di continuare puoi iscriverti alla mailing list. Non sono uno che manda tante e-mail, se ne spedisco un paio all'anno è tanto.
Però, giusto per non perderci di vista...
Come ormai vi sarà chiaro, in Cina a fare previsioni si sbaglia sempre
e una strada sterrata piena di buche può trasformarsi con disinvoltura in
un’autostrada deserta e in perfette condizioni (perché appena costruita).
Il viaggio è stato quindi caratterizzato da un discreto comfort e il minivan
(non certo l’ultimo modello della Yutong) si è comportato bene.

Ponte Hong e palafitte sul fiume Tuo Jiang
Avevamo a disposizione un pomeriggio e una mattina per la visita di Fenghuang,
mentre il pernottamento era stato aggiudicato al Fenghuang Scenery Hotel.
Ha poco senso descrivere un hotel che ad oggi sembrerebbe scomparso dal panorama
alberghiero, ma le scene della reception vanno raccontate: un team di ragazzetti/ragazzette
che non parlavano una sillaba di inglese provavano a comunicare con noi tramite
un set di risatine ed espressioni concentrate, utilizzando una piccola dispensa
stampata con le domande più frequenti in doppia lingua inglese-cinese. Surreale.
Salutato Xion (più tardi lo avremmo rivisto nella tavolata di un ristorante
insieme a tutti i parenti) ci siamo dedicati all'esplorazione del centro di quella
che viene considerata tra le due più belle città antiche della Cina.
Questa fama porta con sé orde di turisti cinesi (zero occidentali incontrati)
ma è davvero meritata.
Al contrario della maggior parte dei cinesi, gli
abitanti di Fenghuang (etnia Miao) sono riusciti a conservare bene nei
secoli il centro storico della loro città.
La vita e l’attività
turistica scorrono intorno al fiume Tuo Jiang e molti edifici a palafitta
in legno vi si sporgono proprio sopra.
La scena è dominata dalla sagoma
del grande ponte Hong, mentre sulle verdi acque si affacciano altri edifici
come il Tempio Ancestrale della famiglia Tian e varie fortificazioni risalenti
alle dinastie Ming e Qing.
Entra spesso nelle inquadrature delle foto anche
la pagoda posta sulla cima di una vicina montagna. La prepotente illuminazione notturna
dei monumenti e in generale del centro storico regala scorci suggestivi anche durante
le passeggiate serali.

Il ponte Hong protagonista della scena notturna; visibile
anche la pagoda illuminata sulla montagna nello sfondo
Perdersi tra questi antichi ed affollati vicoli pietrosi è davvero un’attività
da aggiungere al proprio programma di viaggio.
Ci si può dedicare serenamente
allo shopping e ad osservare gli artigiani, aiutati dal fatto che le schiere di
imbonitori ignorano i turisti occidentali (noi) come fossero fantasmi.
Lo stesso
trattamento invece non viene riservato ai cinesi che vengono costantemente avvicinati
con proposte di varie attività come navigare sul fiume o farsi fotografare
in abiti assurdi.
Li posso capire: con la quantità di potenziali clienti
che parlano la tua lingua perché approcciare i pochi stranieri con cui non
sapresti come comunicare?
Prendere il treno in Cina
Preso un taxi fino alla piccola stazione della cittadina di Mayang,
era arrivato il momento di utilizzare per la prima volta le ferrovie cinesi: avevamo
infatti prenotato delle cuccette sul treno per Zhangjiajie. Era
giorno, ma si potevano prenotare comunque le cuccette e così ho fatto pensando
che fosse comodo (...e lo è stato).
Prima di poter montare sul treno però
bisognava trasformare il foglio che avevo stampato a casa nel biglietto da esibire
per accedere al binario prima e alle carrozze poi.
Eh lo so, sembra facile ma, credetemi, non lo è stato affatto.
Non ci aspettavamo certo che l’operatore allo sportello conoscesse l’inglese,
non era quello il problema: il problema era raggiungerlo. In mezzo c’era una
ventina di angosciati cinesi in fila, ma non si capiva cosa stessero facendo lì,
visto che gli operatori non distribuivano tagliandi e loro si sbracciavano sventagliando
soldi e foglietti di carta. Alcuni addirittura si allungavano in modo acrobatico
da fuori la fila lanciando Yuan nella fessura verso gli operatori, la cui postazione
era opportunamente protetta dal classico vetro, quello delle poste per intenderci.
Le persone non ricevevano biglietti eppure continuavano a stazionare in fila
in un clima di agitazione, parlando ed inveendo nei confronti dei poveri impiegati.
A noi che eravamo arrivati decisamente per tempo è bastato attendere
che le persone si disperdessero per ottenere i nostri biglietti. Inutile dire che
la scena rimarrà uno dei misteri del viaggio.
Curiosi sono stati anche gli incontri con altre persone che aspettavano in stazione.
La gente ci attaccava bottone come se fossimo VIP, ci parlava in cinese come
se noi capissimo: facevano anche discorsi lunghi e accettavano serenamente che noi
partecipassimo alla discussione solo con sorrisi e cenni del capo.
Per fare
un esempio, un signore è venuto a mostrarci il suo biglietto e ha cominciato
a raccontarci qualcosa, Dio sa cosa.
Le carrozze con scomparti da sei cuccette erano inspiegabilmente deserte e il
viaggio di circa tre ore è stato confortevole.
Abbiamo preso altri treni
durante questo viaggio in Cina, anche molto moderni e veloci; nelle grandi stazioni
delle città più popolate però le cose funzionavano in modo
più “occidentale”, diciamo così, e le scene della stazione
di Mayang non si sono più ripetute.
L'area panoramica di Wulingyuan
Avevamo in programma un’ultima tappa fuori dalle rotte del turismo straniero:
Wulingyuan, una zona di interesse paesaggistico tutelata dall'UNESCO.
Quest’angolo dello Hunan è famoso per le migliaia di formazioni
carsiche a forma di pilastro alte anche fino a 200 metri che creano un paesaggio
molto affascinante.
La nebbia contribuisce a rendere suggestivo questo particolare
ambiente naturale ma può anche azzerarne quasi completamente il fascino quando è
troppo fitta.
Per godere delle meraviglie di questo parco serve un po’
di fortuna, quella che noi non abbiamo avuto.
Le quattro ore di coda per salire
sulla cabinovia sono state piuttosto pesantine e il paesaggio in alto era completamente
appiattito dal grigiore della nebbia.
L’ultima cosa che pensavamo ci fosse
sulla montagna era un McDonald’s e quindi quello abbiamo trovato. Ci siamo
nutriti lì e poi siamo scesi giù per il sentiero (più che altro
un’interminabile scalinata) alla ricerca di qualche bello scorcio sui pilastri.
Purtroppo la dea bendata non ci ha proprio assistiti, ma ho avuto la sensazione
che la zona avesse molto da offrire in condizioni migliori.
Con il senno di poi avrei dedicato più giorni a questa tappa.

A passeggio tra i picchi nebulosi di Wulingyuan
A Zhangjiajie abbiamo alloggiato presso il Wantai International Hotel. Non è stato comunque un
pernottamento memorabile quindi non ho motivo di consigliarvelo rispetto ad altri
alberghi.
Xi'an e Luoyang
Le destinazioni da adesso in poi le trovate descritte anche nel diario di viaggio
4 Maghi in Cina scritto da Igor,
diciamo che io essendoci andato 5 anni dopo posso offrirvi una visuale 2.0.
Con un volo in tarda sera della China Eastern Airlines abbiamo raggiunto l’aeroporto
di Xi’an, riabbracciando idealmente il turismo occidentale.
Il tassista con cui ci siamo addentrati di notte in questa metropoli era un
po’ strano: ovviamente non conosceva l’inglese, ma in compenso durante
l’ora di strada ci ha parlato tanto in cinese e non sembrava affatto infastidito
dal fatto che non partecipassimo alla conversazione.
Con qualche difficoltà
dovuta forse all'alcol forse allo stress di una vita notturna ci ha accompagnati
al Xian Minxing Boutique Hotel dove avevamo prenotato per due notti.
Questa struttura confortevole/anonima gode di una buona posizione all’interno
del quadrato delimitato dalle antiche mura della città.
Nell’immaginario
collettivo questo vorrebbe dire che ci si può muovere a piedi, ma qui il
perimetro delle mura è davvero lungo e vi consiglio di affrontare distanze
e traffico in taxi o meglio, se non avete particolarmente cara la vostra vita, in
risciò.

Pagoda del Tamburo a Xi'an
Intorno Xi’an sembravano esserci diversi luoghi di interesse turistico,
ma abbiamo deciso di trascorrervi una sola giornata dedicandola all'esplorazione
del caotico centro e naturalmente alla sua più iconica attrazione turistica:
l’Esercito di Terracotta.
Devo dire che quest’ultima era
degna dell’aspettativa che vi avevamo riposto e la visita è stata decisamente
suggestiva.

Soldati e cavalli di terracotta
Stazioni moderne, treni superveloci e confortevoli hanno caratterizzato gli ultimi
spostamenti su suolo cinese: in meno di due ore abbiamo quindi coperto i quasi 400km
di distanza che ci separavano da Luoyang, la nostra destinazione
successiva.
Si tratta di una metropoli in crescita con già più di sei milioni
di abitanti e grattacieli che spuntano come funghi.
Ha un piccolo centro storico
che non abbiamo visitato perché ci siamo dedicati ad esplorare un famoso
sito di arte rupestre protetto dall’UNESCO
pochi chilometri a sud della città: le grotte di Longmen.
Si
tratta di una marea di Buddha scolpiti nella parete rocciosa di una montagna lungo
il fiume Yihe. Lo stato di conservazione delle opere non è sempre
dei migliori, ma la passeggiata di circa due chilometri sulle due sponde del corso
d’acqua è stata comunque piacevole e a tratti suggestiva.
Le fresche
grotte tornavano anche utili per ripararsi dal sole in un pomeriggio piuttosto caldo
in cui molti maschi cinesi arieggiavano le panze alzando le camicie/magliette (usanza
particolare che non avevo mai incontrato in altri paesi).

La zona più scenografica del complesso delle grotte
di Longmen
Il giorno seguente lo abbiamo dedicato alla visita del famoso Tempio
Shaolin che si trova a circa 80km a est di Luoyang sulle montagne nei dintorni
della città di Dengfeng.
Si tratta di una vera scuola
di Wushu Kung Fu frequentata da numerosi bambini/ragazzi cinesi ma anche
di una collaudata macchina da soldi con biglietto d’ingresso e spettacoli
dimostrativi per i visitatori.
E’ un luogo di istruzione ma anche un monastero
e la sua anima spirituale sembra ancora abbastanza autentica vista la presenza di
numerosi cortili e costruzioni religiose buddhiste in cui tra l’altro si può
anche trovare un po’ di pace ed isolamento dalla folla di turisti.

Scorcio tra gli edifici al Tempio Shaolin
La base operativa a Luoyang sarebbe dovuta essere il Quanjude Hotel,
ma non abbiamo avuto modo di dormirci perché quando siamo arrivati ci hanno
informato che le camere erano in ristrutturazione.
La struttura
era comunque in funzione per un ricevimento di qualche tipo e dalla hall siamo riusciti
a collegarci a internet tramite un loro terminale e l’antipatica situazione è
stata risolta rapidamente con la prenotazione del Luoyang Bohemia Hotel.
Questo ha restituito un buon livello di
comfort ma noi lo ricorderemo soprattutto in negativo per un episodio: gli alberghi
in Cina chiedono un deposito cauzionale in fase di check-in che poi restituiscono
in fase di check-out. Non si parla di cifre alte e quindi noi eravamo soliti lasciare
soldi in contanti e la cosa aveva funzionato bene finché il caro Bohemia
Hotel non ci ha restituito 400 Yuan in quattro banconote false…
Continua nella lettura del racconto per scoprire come ci si accorge di aver in
tasca soldi cinesi falsi e se è possibile far finta di niente e rifilare
la fregatura a qualcun altro…
Noi ovviamente ce ne siamo accorti quando non era più possibile tornare
a protestare al Bohemia, cioè una volta raggiunta la successiva ed ultima
tappa del viaggio.
Pechino
Per noi le banconote erano davvero indistinguibili, ma non è stato difficile
capire quali fossero quelle false, erano quelle che nessuno accettava come pagamento.
Con una strusciatina di dita, un’espressione corrucciata e qualche parola
di cinese tassisti, bigliettai, ambulanti e negozianti ci restituivano le banconote
finché non gliene davamo una buona.
Il tutto con la naturalezza di chi
affronta questo problema di continuo.
Incassata la fregatura abbiamo potuto
dedicare due giornate e mezza alla visita della capitale cinese.
La base per
tre notti è stata il
Shichahai Shadow Art Performance Hotel una piccola struttura di ottimo livello
collocata all’interno di un quartiere di hutong vicino alla zona dei laghi
imperiali.

A giudicare dalla massa di persone non so se si possa
definire ancora "proibita" la Città Proibita
Abbiamo camminato o utilizzato i taxi per muoverci, ma anche i mezzi pubblici
rappresentano una buona soluzione.
Queste le attività a cui abbiamo deciso
di dedicarci:
- visita dell’enorme Città Proibita;
- bighellonaggio in Piazza Tienanmen;
- acquisto di souvenir, quadri e abbigliamento falso presso il Silk Market
(qui siamo riusciti a rifilare anche una di quelle simpatiche banconote);
- passeggiata presso l’incantevole Residenza del principe Gong;
- esplorazione del vivace quartiere Shichahai alla ricerca
di un ristorante;
- visita del Tempio del Cielo;
- capatina allo Stadio Olimpico soprannominato “nido
d’uccello”;
- gita alla Grande Muraglia.
Quest’ultima è stata l’attività che ho preferito e
a cui abbiamo dedicato una giornata intera.
Organizzare l’escursione è
stato semplice: è bastato accordarsi con un autista affinché ci venisse
a prendere in albergo la mattina e ci riaccompagnasse poi lì alla sera.
Sfogliando le guide turistiche avevamo scelto di recarci alla muraglia prima
presso l’antica sezione di Mutianyu e poi nella gettonata
Badaling.
Arrivati presto la mattina abbiamo trovato il sito
di Mutianyu molto tranquillo, ma dopo un paio d’ore di camminata, al momento
di andar via, era ben più affollato. Abbiamo scelto una salita in cabinovia
e una divertente discesa con una specie di slitta monoposto su scivolo di metallo.
Lungo la strada verso Badaling l’autista ha cominciato un’opera di
convincimento per non andarci e affinché scegliessimo di visitare al suo
posto la più vicina sezione di Huanghua.
Molto fermamente
ci siamo imposti credendo che egli volesse solo risparmiare tempo e carburante.
Dopo un po’ però, memori di precedenti esperienze e notando che
tale sezione era comunque citata sulla guida, abbiamo deciso di seguire il suo consiglio
e acconsentito al cambio di programma.

La Grande Muraglia nella sezione di Huanghua
Manca la controprova, ma credo che la decisione sia stata azzeccata: il sito
di Huanghua era davvero ben conservato con mura alte, larghe e bellissime torri
di guardia, ma soprattutto notevole era l’assenza di turisti. Abbiamo camminato
con tranquillità, fatica e soddisfazione per ore da soli sulla Grande Muraglia;
la vista sui paesaggi boscosi della zona era molto appagante.
Attrezzandosi
per dormire si potrebbe addirittura fare trekking da qui lungo la fortificazione
per giorni fino a raggiungere Mutianyu.
Noi purtroppo eravamo attesi su un aereo per l’Italia.
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