È una follia andare al Circolo Polare agli inizi di gennaio?
Certo che sì.
Avete uno spirito avventuroso? Allora per voi questo è
solo un motivo in più per andarci!
Dovete però mettere bene a
fuoco l’obiettivo del viaggio e, inutile girarci intorno, un viaggio così
può avere un solo scopo: ammirare l’aurora boreale.
Riuscire a vederla però è tutt’altro che garantito ed essendo
la Norvegia una nazione costosa, tornare a bocca asciutta rappresenterebbe
un fallimento totale.
È una scommessa, seguitemi in questa avventura e scoprite se l’ho
vinta o l’ho persa…
Preparazione del viaggio
Se ci si pone l’obiettivo di vedere l’aurora boreale durante le festività
natalizie bisogna innanzitutto decidere dove andare a vederla: tipicamente si ha
poco tempo a disposizione e per questo si scartano subito il Nord America e la Russia,
puntando ragionevolmente verso mete più facilmente raggiungibili come
Islanda, Finlandia o Norvegia.
Essendo appena
stato in Islanda, per me non rimaneva che scegliere una delle due nazioni scandinave
e mi sembrava che la Norvegia, con i suoi fiordi potesse offrire una varietà
di ambientazioni spettacolari per godersi l’aurora. In Finlandia invece, nelle
foto che si vedono su internet, questo spettacolo naturale fa sempre da sfondo ai
soliti abeti carichi di neve. Banale!

Il paesaggio è stato il parametro anche per scegliere la meta norvegese
e nessun posto in questo paese può essere paragonato alla baia di
Reine nelle famose Isole Lofoten. In questo arcipelago
verdi montagne alte anche più di mille metri incorniciano in modo drammatico
un mare dai colori stupefacenti. Vi anticipo già, questa esplosione di colori
a gennaio ve la scordate, vivrete nel grigiore di un ambiente scuro. Queste isole
godono però di un clima unico, incredibilmente mite per quel tipo di latitudine.
Fa molto più freddo d’inverno a Vicenza, la mia città. Questo
aspetto è decisamente utile se considerate che andare a caccia di aurora
boreale significa stare parecchio all’aperto, di notte e molto probabilmente
anche con le scarpe nella neve.
Avendo io trovato delle temperature intorno allo zero o poco più consiglio
di vestirsi pesanti e a strati, ma non serve assolutamente un abbigliamento da spedizioni
polari. Avevo pensato di comprarlo ma, fortunatamente, complici i prezzi alti, ho
rinunciato e sono partito con un piumino da città e un assortimento di pantaloni
da neve, calzamaglie pesanti, calze tecniche, softshell windstop (il vento non manca):
il tutto è risultato più che sufficiente allo scopo. Mi son state
regalate delle moffole molto calde, ma alla fine non le ho mai usate.
Capodanno a Oslo
Il 31 dicembre io e il mio fidato compagno di avventure Andrea, detto “Pesa”,
siamo volati ad Oslo. Sfruttando il comodo treno NSB che porta
in centro città (precedente prenotato sul sito
www.nsb.no), siamo arrivati in
piazza in tempo per l’arrivo del nuovo anno.
Molte persone affollavano
la zona intorno al municipio della capitale, ma l’atmosfera era comunque estremamente
ordinata e tranquilla, in perfetto stile scandinavo, oserei dire… Intravisti
un po’ di fuochi d’artificio in mezzo alla nebbia siamo tornati al nostro
confortevole hotel, il
Comfort Hotel Børsparken, vicino alla Oslo S, la stazione centrale.
Ci siamo goduti una bella camera d’albergo sapendo che i successivi due
giorni e le successive due notti sarebbero stati impegnativi: il programma prevedeva
infatti una giornata dedicata alla visita di Oslo, un treno notturno per Trondheim,
la visita della città e un altro treno notturno per Bodø.
In pratica eravamo dei senzatetto per tre giorni e due notti d’inverno in
un paese scandinavo, alé!
La scelta di attraversare la Norvegia in treno ha consentito di fare una sosta
a Trondheim e donava al viaggio un sapore ancora più avventuroso,
ma certo non si può dire che sia comodo dover arrivare a tarda sera (quando
partono i treni) senza avere una stanza di appoggio.
Onestamente non amo particolarmente visitare le grandi città e quindi
ho dedicato alla visita di Oslo solo una giornata e l’ho trovata sufficiente.
Le ore di luce a gennaio non sono tante, ma nemmeno poche come ci si potrebbe aspettare
ed è stato piacevole passeggiare per il centro.

Queste le principali attività che potreste pianificare:
- visitare o anche solo ammirare esternamente edifici caratterizzati da architettura
più o meno moderna: il Teatro dell’Opera, la
Cattedrale, il Palazzo Reale, la Fortezza
di Akershus, il Teatro Nazionale, il Rådhuset
(municipio);
- perdersi in musei come l’Astrup Fearnley Museum of Modern
Art progettato da
Renzo Piano
oppure cercare il celebre Urlo di Munch alla Nasjonalgalleriet
(Pesa ci teneva tanto);
- partecipare ad un’escursione in barca sulla baia;
- passeggiare su Karl Johans Gate, la lunga via pedonale
che dalla stazione porta verso il Palazzo reale;
- pattinare sul ghiaccio nell’affollata pista "Spikersuppa", aperta
durante l'inverno davanti al Parlamento (Stortinget), nel pieno
centro cittadino;
- mettere mano al portafoglio e fermarsi a mangiare in un ristorantino alla
moda nel quartiere Aker Brygge;
- godersi un interminabile tramonto dal quartiere Tjuvholmen;
- fare un bel bagno nelle gelide acque della baia!!! A me non è passato
neanche per l’anticamera del cervello, ma ho visto dei giovani norvegesi
che sembravano divertirsi ad entrare tre secondi in acqua e uscirne tremanti.
Credo che alla fine della giornata sarete stanchi e potrete buttarvi su comodi
letti come abbiamo fatto io e Pesa… ah no, noi non avevamo una stanza d’albergo…
siamo restati a barboneggiare (passatemi il termine) in una stazione caratterizzata
da negozi chiusi fino alla partenza del treno. Però avevo letto da qualche
parte che le cuccette doppie della NSB erano le più confortevoli del mondo.
Avevo maturato una certa aspettativa di comodità, ma purtroppo avevo letto
molto male perché erano bruttine e particolarmente anguste.
Tra l’altro
non so a che velocità viaggiassero le carrozze perché sullo stretto
lettino a castello si dormiva in balia di potenti forze centrifughe.
Le previsioni meteorologiche non erano favorevoli.
La prospettiva di non
riuscire a vedere l’aurora boreale alle isole Lofoten con alle spalle un bel
viaggio all’insegna del disagio ci angosciava non poco…
Non mi abbandonate! Anche se le possibilità di fallimento sembrerebbero
in aumento, accompagnatemi in questo viaggio continuando la lettura del racconto…
Trondheim
Di prima mattina siamo scesi dal treno già piuttosto stanchi, ma anche
desiderosi di visitare il centro di questa città.
Avevo letto che si tratta di una meta di pellegrinaggio cristiana e che in Europa
le principali “vie” formano una croce: Gerusalemme-Santiago da est a
ovest e Roma-Trondheim da sud a nord. L’arrivo, chiamato
il Cammino di San Olaf, è una piccola stele davanti alla facciata dell’imponente
Cattedrale di Nidaros (l’antico nome della città).
Se avete la vostra credenziale con i timbri delle varie tappe potete ritirare il
certificato di eroicità, la Compostela della San Olav’s Way,
presso il vicino Nidaros Pilgrim Centre. Io non me la sono certo
meritata camminando per venti minuti scarsi dalla stazione alla cattedrale!
Altra tappa obbligatoria di una visita alla città è l’Old
Town Bridge sul fiume Nidelva: da questo ponte si gode
una splendida vista sui vecchi magazzini che si affacciano in modo coreografico
sul corso d’acqua. Potrete cercare qualche altro scorcio per immortalare i
colori di questi begli edifici percorrendo le vie nei pressi del ponte.

Una passeggiata in salita alla vicina Fortezza di Kristiansen
vi consentirà invece di godere di una vista dall’alto della città.
Complice il clima rigido noi eravamo sempre alla ricerca di posti in cui scaldarci:
l’ufficio informazioni turistiche, bar, ristoranti, centri commerciali, cambi
valuta, ecc.
Durante la nostra permanenza a Trondheim il cielo era nuvoloso, nevicava di tanto
in tanto e la città era decisamente imbiancata. Rimanere in posizione eretta
risultava vagamente difficoltoso ma l’effetto scenografico di questo mantello
di neve donava a questa città universitaria un aspetto nordico molto affascinante.
Ecco, da qui in poi è stato decisamente un crescendo di paesaggi nordici…
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Le isole Lofoten
Raggiunta con il secondo treno notturno la cittadina di Bodø
eravamo ufficialmente, per la prima volta nelle nostre vite, all’interno del
circolo polare artico. Ad accoglierci non c’era di certo il sole ma un fortissimo
e gelido vento che alzava l’ormai immancabile neve da terra per scagliarcela
sul volto.
La “piacevole” sensazione abrasiva ha lasciato però
presto spazio all’insensibilità nel breve tragitto stazione-bar. In
queste condizioni devo dire che la cittadina aveva gran poco da offrire a parte
una buona colazione in una pasticceria.
Abbiamo comunque sfidato il vento e
passeggiato un po’ nel piccolo centro prima di dirigerci in taxi all’aeroporto;
lì siamo montati sul piccolo aereo per Leknes, una turboelica
della compagnia Widerøe.

Nei 20/25 minuti di volo la vista dall'oblo è stata una delle migliori
che abbia mai potuto apprezzare: uno sguardo dall’alto, uno scorcio molto
ampio del desolato paesaggio costiero blu e bianco nell’inverno scandinavo.
Particolare è stata anche la manovra di atterraggio a spirale sull’Isola
di Vestvågøy con cui il pilota ci ha fatto toccare
il suolo delle famose Isole Lofoten.
Avevamo prenotato una piccola macchina presso il piccolo ufficio dell’Avis
nell’aeroporto (anche quello era piccolo!). Intendiamoci, l’auto, dotata
di pneumatici chiodati, andava benissimo ma ho capito subito che una Subaru
Impreza sarebbe stata la vettura ideale. Lo scenario di guida era infatti quello
di una prova speciale notturna di qualche rally scandinavo: la strada era una lastra
di ghiaccio ricoperta da un più o meno sottile strato di neve fresca.
Nevicava spesso ma le strade, sebbene poco trafficate, erano costantemente percorse
da diversi tipi di mezzi trasformati in spazzaneve. Comunque è stato impossibile
resistere alla tentazione di utilizzare il freno a mano in modo non convenzionale!
Abbiamo puntato a sud-ovest, verso la punta dell’arcipelago che si protende
nel Mare di Norvegia e raggiunto in circa un’ora la nostra destinazione:
Hamnøy.
Questo piccolo assembramento di casette si trova
nella spettacolare baia di Reine a soli 13 Km da Å,
la località in cui termina la E10, la strada panoramica delle Isole Lofoten.
Panoramica di nome e di fatto, questa striscia di asfalto (o ghiaccio) attraversa
paesaggi davvero spettacolari in questo angolo di Norvegia ed è citata spesso
tra le più belle del mondo.

La nostra base operativa nella caccia all’aurora per tre lunghissime notti è
stata l’Eliassen Rorbuer che offre parecchi rustici e scricchiolanti cottage di pescatori ristrutturati
con angolo cottura privato. In alcuni casi si tratta proprio di palafitte sul mare.
Non è propriamente economico, ma pernottare nelle rorbu è
decisamente un “must” se si vuole godere appieno dell’atmosfera
di queste isole.
Le attività da svolgere in questi luoghi hanno un carattere decisamente
outdoor (a parte fare la spesa alla vicina Coop):
- passeggiare a piedi o in bicicletta lungo il mare;
- trekking in montagna (le foto della baia di Reine fatte dalle cime delle
montagne sono un vero e proprio tormentone sul web);
- gite in kayak sulle placide acque dei fiordi più protetti;
- noleggiare un motoscafo;
- partecipare a crociere sui fiordi o a gite in barca a vela;
- fare immersioni e safari marini in gommone;
- visitare le strutture in legno per l’essiccazione dello stoccafisso.
Ai primi di gennaio però lo stoccafisso non è in essiccazione e
anche il Museo dedicato alla pesca del Merluzzo ad Å è chiuso. In generale
quasi tutte queste attività perdono smalto nel grigiore dei luoghi; l’unica
decisamente accattivante sarebbe stata il trekking sulle montagne.
All’Eliassen
ci davano anche le ciaspole ma ce l’hanno sconsigliata a causa dell’arrivo
di una tempesta… alé!
Comunque, sarebbe servita una limpida, luminosa,
bella giornata e nulla di tutto ciò era verosimile.
A dir la verità in questo periodo c’è un fugace momento in
cui le isole si tingono di colori saturi. Questo accade verso mezzogiorno, quando
il sole esce a salutarti e si sporge per qualche minuto a sud dal piatto orizzonte
marino inondando di rosso il paesaggio.
È curioso pensare che uno dei più bei tramonti che ho visto fosse
in realtà anche un’alba…
La caccia all’aurora boreale
Per prima cosa bisogna conoscere la propria “preda”.
Documentatevi!
Andare nei pressi del circolo polare è condizione necessaria ma non sufficiente
per vedere un’aurora boreale. Una volta che ci siete la possibilità
di vedere questo fenomeno dipende ancora da due aspetti:
- l’attività del sole;
- la nuvolosità nel luogo in cui ci si trova.
In pratica devono esserci contemporaneamente una buona attività solare
(questo vale in assoluto ovunque ci si metta a guardare il cielo) e un cielo sereno
o poco nuvoloso (questo è relativo e dipende da dove vi mettete a guardare
all’insù). La fortuna serve in ciascuno dei due aspetti e quindi maggiormente
nel verificarsi di entrambe le condizioni contemporaneamente.
Potete forse controllare il sole come una lampada?
Potete telecomandare le
nuvole come un drone?
Niente sembrerebbe sotto il vostro controllo, ma qualcosa
la potete fare per far volgere gli eventi a vostro favore.
Non scoraggiatevi
e continuate la lettura del racconto per scoprire cosa…
La cosa fondamentale è sfruttare gli strumenti che si hanno a disposizione
e, non credevo esistessero prima del gennaio 2017, si trovano facilmente delle app
per lo smartphone che segnalano l’attività della nostra cara stella
e addirittura prevedono l’intensità del vento solare.
Non vi dirò
quali usare perché ho trovato piacevole socializzare coi norvegesi per chiedere
consigli sull’argomento e anche testare personalmente le varie applicazioni
per trovare quelle migliori. È importante sapere che esistono, che sono gratuite
e che si possono anche impostare in modo che suoni una sveglia quando l’attività
del sole supera una certa soglia.
Dimenticatevi quindi di dormire sonni tranquilli: se la app dice che il sole
emette tanti elettroni, si deve uscire all’istante dalla rorbu per
vederli!!!
In realtà non si vedono gli elettroni, ma l’atmosfera
terrestre che da essi viene eccitata.
Se però quando uscite è
nuvoloso non si vede niente e potete tornare subito a dormire… NEIN!!!
Ingegnatevi, pensate, perché potrebbe essere la vostra unica occasione
e potreste pentirvi di aver rinunciato. Se non potete spostare le nuvole che sono
sopra la vostra testa, forse potete spostare la testa sotto una porzione di cielo
più sgombra. Sembra una ovvietà ma credo che questo sia il miglior
consiglio che possa darvi dopo aver sperimentato la “caccia”.
La prima difficoltà per chi non ha mai visto un’aurora boreale è
capire se quello che vedi è l’aurora boreale o no. Vi spiego cosa intendo:
durante la prima notte alle Lofoten la app segnalava un certo valore di attività
solare. Basso? Alto? Boh! Ho posato il cavalletto davanti alla rorbu e
ho scattato delle foto belle, con il cielo a strisce, come molte di quelle che si
vedono su internet, però a occhio nudo si vedeva solo qualche debole alone
verde. Anche piazzandoci in aree meno illuminate nei dintorni di Hamnøy il
risultato era lo stesso. Questo fatto ci ha indotto a pensare che l’aurora
fosse questo: belle foto di un fenomeno deludente dal vivo.
Il giorno seguente si è abbattuta sulle isole una tormenta di neve e una
fittissima coltre di nubi ci ha fatto intendere che non avremmo più visto
un bel niente in cielo.
Non c’era molto da fare se non chiacchierare al
calduccio della nostra rorbu disquisendo su cosa avevamo visto e se eravamo
o meno soddisfatti. L’app aveva cominciato a farsi sentire indicando livelli
crescenti di vento solare e la cosa aveva il sapore della presa per i fondelli.
Ad un certo punto scorgo due persone parlare nella semioscurità del parcheggio
dell’Eliassen Rorbuer e faccio lo sforzo di vestirmi ed uscire a parlarci. Erano italiani,
uno di loro raccontava che era la quarta volta che andava in Norvegia per vedere
l’aurora e non l’aveva mai vista… a posto… L’altro
era un vero folle, altro che noi dilettanti: era appena arrivato dall’Italia
in macchina! Lui sì che aveva qualcosa di interessante da raccontare: passando
su Flakstadøya mezz’ora prima aveva visto una bellissima
aurora, ne parlava con entusiasmo e ci ha mostrato (anche Pesa si era nel frattempo
unito a quel conciliabolo) delle foto fatte col cellulare.
Era evidente che dovevamo lasciare l’isola di Moskenesøya
al più presto in cerca di squarci tra le nuvole ad una trentina di chilometri
da lì. Detto, fatto. Le condizioni della strada erano tutto sommato accettabili
e il cielo decisamente più sereno su Flakstadøya.
Ci siamo messi
quindi alla ricerca di luoghi bui lontani dai piccoli centri abitati. Era un crescendo
di aurore sempre più visibili fino a quando, senza alcun tipo di preavviso,
durante una sosta su una piazzola della E10, il cielo si è illuminato di
una striscia danzante che attraversava il fiordo da parte a parte. Era enorme e
talmente luminosa che probabilmente si poteva vedere a decine di chilometri di distanza,
ma lì c’eravamo solo noi e la sensazione è che fossimo solo
noi a vederla. Bianco, rosa, viola, verde… ci siamo incantati ad ammirare
questo serpentone danzante in un silenzio surreale.
Ho perso la cognizione del
tempo, ma credo che il tutto sia durato poco più di tre minuti.
Io e
Pesa ci siamo guardati e il verdetto è stato unanime: quella era la vera
aurora boreale e l’avevamo vista.

Missione compiuta!
Mi rammarico di aver scattato poche foto, ma era davvero
difficile distogliere lo sguardo dal cielo.
Soddisfatti siamo rientrati ad Hamnøy intuendo dalle condizioni della
strada che lì non aveva mai cessato di nevicare. Negli ultimi chilometri
ci saranno stati 10cm di neve sulla strada e cominciavano ad essere troppi per la
nostra piccola Hyundai i-qualcosa.
Questo ci ha indotti a non uscire più
dalla rorbu anche se la app segnalava vento solare potente… e noi
cominciavamo a pensare “la voglio rivedere”.
Durante i due giorni seguenti la temperatura è salita e una tempesta di
pioggia con venti fino a 90km/h ci ha trattenuti all’interno della rorbu.
Tenetene conto, può succedere.
Il cottage si è esibito in un concerto
di scricchiolamenti preoccupanti, ma ha retto alla potenza delle intemperie. Tra
l’altro abbiamo temuto la cancellazione del nostro volo della Widerøe
che era l’ultimo della giornata per Bodø, ma siamo
andati presto all’aeroporto e ci hanno spostati su un volo prima.
Il vento
era calato e non ci sono stati problemi.
Abbiamo quindi dormito al confortevole
Thon Hotel Nordlys e siamo ripartiti presto la mattina successiva per tornare
all’aeroporto Gardermoen di Oslo con un aereo della SAS. Abbiamo volato, sì,
niente treno: il viaggio di ritorno in queste imprese è sempre triste, meglio
che duri il meno possibile…
Un’ultima gita
Prima di concludere il viaggio ho voluto provare un’esperienza che considero
tipicamente nordica: per un giorno volevo essere “musher”, cioè
il conducente di una muta di cani da slitta.
Ho prenotato un’escursione appoggiandomi a
www.beitohuskytours.com
e un’auto a noleggio presso l’aeroporto di Oslo.
Guidando per circa
quattro ore abbiamo raggiunto la cittadina di Beitostølen,
una stazione sciistica specializzata nello sci nordico con centinaia di chilometri
di piste. La località si trova a ridosso della catena montuosa Jotunheimen,
meta molto apprezzata dagli escursionisti norvegesi per i paesaggi dei suoi altipiani
e per le 26 montagne più alte del paese.
Avevamo prenotato un bungalow nel campeggio
Beitostølen Hytter e l’abbiamo trovato confortevole e ben riscaldato
(qui le temperature erano stabili sotto i -10°C). È normale nei campeggi
arrivare a posteggiare la macchina vicino al bungalow, ma qui la cosa anomala era
che le stradine del campeggio erano di fatto delle piste da sci di fondo ed era
parecchio strano percorrerle in auto.

Il mattino successivo abbiamo preparato la nostra muta facendo indossare ai cani
le pettorine, legandoli tra loro e alla slitta che ci avevano messo a disposizione.
Pesa si è “accomodato” all’interno della sacca anteriore
e io in piedi alla guida.
Tolta l’ancora piantata al suolo i cani hanno
scaricato sulla neve tutta la loro voglia di correre e devo dire che l’attività è
stata affascinante come mi aspettavo.
Mi immaginavo però che si percorressero
lentamente delle piste piane e battute e invece si andava “sparati”
nella neve fresca e con parecchi saliscendi. Tutto sommato non ho trovato particolarmente
difficile cimentarmi in questa attività: ho familiarizzato rapidamente con
il freno, indispensabile comando con cui si mantenevano tese le corde con cui si
controllava l’esuberanza di questi scalmanati cagnoloni.
Tutte le cose belle purtroppo prima o poi finiscono: abbiamo salutato i nostri
nuovi amici quadrupedi e intrapreso mestamente la strada verso casa.
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