Quest’anno sperimentiamo un nuovo stile di scrittura, cioè un racconto totalmente
inventato, ispirato ad un viaggio vero, le cui uniche cose autentiche sono le note.
Greg D.R.[1] ancora non si capacitava di come avesse
accettato quell’incarico, erano anni che aveva deciso di appendere la mimetica al
chiodo, la vita di un membro delle forze speciali inevitabilmente termina in un
pensionamento anticipato o con 6 pareti di mogano. E invece era lì, seduto sullo
scomodo Antonov 2 modello Colt che lo stava portando in Malesia, con l’occhio sinistro
visibilmente tumefatto a ricordo di una serata movimentata: due marines ubriachi
avevano deciso di importunarlo e Greg si era trovato costretto a presentare loro
Mano Destra e Mano Sinistra, concludendo la cordiale scazzottata con il punteggio
di due a uno in suo favore[2].
La missione era talmente semplice che Greg ancora si domandava cosa centrasse lui
in tutto questo, qualsiasi recluta con l’acne puberale avrebbe potuto concluderla
facilmente senza dover per forza scomodare un vecchio veterano in pensione: il software
di un dannato satellite militare era andato in tilt a causa di un baco ed il costoso
marchingegno, oltre a non essere più in grado di fotografare le chiappe del dittatore
asiatico di turno, aveva avuto la brutta idea di schiantarsi nel bel mezzo di una
delle più impenetrabili foreste pluviali indocinesi.
Una volta arrivato in Malesia, Greg sarebbe stato trasferito in incognito nel Laos
Centrale e da lì poi avrebbe proceduto per una penetrazione nella giungla selvaggia
fino a raggiungere uno sperduto villaggio Hmong dove, a detta dei servizi
segreti, avrebbe potuto recuperare la scatola nera del costoso giocattolo. Tutto
questo gli rammentava che il suo odio per i computer era secondo solo all’odio che
nutriva per i programmatori. “Maledetti onanisti mangia popcorn![3]”
L’arrivo a Kuala Lumpur gli fece inevitabilmente riaffiorare
i ricordi di quando, da giovane, giocava a chi aveva il parang (un machete
tipico del Borneo n.d.r.) più lungo con gli “ospitali” Iban, cioè i temibili cacciatori
di teste[4]. Otre alla nostalgia, la Malesia faceva
riaffiorare a Greg anche altre due cose; la prima era il sudore, per quanti anni
uno possa vivere in Indocina, per distinguere di spalle un occidentale da un asiatico
e sufficiente osservare quale dei due ha la maglietta fradicia. La seconda era la
nostalgia per Who, la dolce amante che per molti anni gli aveva leccato le ferite.
“Magliette fradice e sentimentalismo, puah!” Per fortuna, pensò Greg, se c’è una
cosa che non manca nel sudest asiatico, sono le lavanderie e le mignotte[5].
Prima di partire per il Laos, Greg doveva assolutamente ritrovare la bettola giapponese
dove aveva mangiato anni prima, la salsa wasabi preparata dallo sfregiato
cuoco nipponico era la più piccante che avesse mai raschiato il suo palato[6].
Dunque Greg fece nell’ordine, una accurata doccia, uscì dall’albergo, si infradiciò
nuovamente di sudore dopo due passi ed infine si recò puzzolente come un caprone
nel paradiso delle gole in fiamme.
La mattina seguente, ancora con le lacrime agli occhi per la salsa orgoglio del
sol levante, Greg si levò dal suo letto, si strofinò quello che sembrava un sapone
sulla sua barba ispida, congedò la prostituta che aveva rimorchiato in Jalan Vattelapesca[7]
e si avviò verso l’aeroporto con il suo vecchio zaino sbrindellato.
Una città arancione
Dopo tre ore di scossoni accompagnati dai rigurgiti dei passeggeri Laotiani dallo
stomaco debole, lo scassatissimo ATR della Lao Airways[8]
arrivò a Luang Prabang.
L’antica capitale del regno era rimasta così come se la ricordava, affollata
di monaci con la tunica arancione ed allo stesso tempo pervasa da un tranquillo
senso di spiritualità, che a Greg provocava contemporaneamente rilassamento e prurito
alle mani. Il sesto senso di Greg stava urlandogli che doveva andarsene da lì al
più presto[9].
La prima cosa da fare era trovarsi una guida, anche il più scaltro e navigato soldato
non avrebbe potuto sopravvivere più di due giorni nella giungla laotiana senza qualcuno
che fosse in grado di interpretare i segni lasciati dagli indigeni; Greg per fortuna
ricordava ancora il covo di un gruppo di mercenari chiamati le “Orme della Tigre”[10],
sempre pronti all’azione per qualche dollaro. Ingaggiò dunque la sua guida personale
e pianificò la partenza per le 05:00 della mattina seguente, obiettivo il villaggio
Hmong alle coordinate GPS prestabilite.
L’acqua alle ginocchia
Greg
e Yu, la sua nuova guida, partirono alla buonora, la prima parte del tragitto passò
senza trambusti, risalirono il Nam Khan (un affluente del Mekong)
con un'imbarcazione fino al primo villaggio sito sulle sponde del corso d’acqua.
Qui ingaggiarono uno sherpa laotiano per pochi spiccioli e per loro incominciò la
vera avventura. Greg si era già trovato in situazioni simili: attraversare la giungla
nella stagione delle piogge, a parte i continui ed intermittenti acquazzoni tropicali,
quando ti va bene equivale a camminare per ore con i piedi dentro all’acqua, altrimenti
se ti va male ti tocca camminare con le gambe che sprofondano fino alla tibia in
uno strato di fango molle e appiccicaticcio, sicché dopo un'ora di marcia ti sembra
di aver camminato per giorni[11].
Ad un cero punto un urlo riecheggiò nella foresta, Greg fece un balzo in avanti
per oltrepassare il torrente e si diresse rapidamente verso Yu che in teoria lo
precedeva di 20 passi. La sua preziosa guida, l’uomo che doveva fargli attraversare
indenne i monti del Laos centrale, giaceva per terra con la caviglia trafitta da
una primitiva ma efficace trappola anti uomo.
“Incominciamo bene” pensò tra sé e sé Greg “sono nelle mani di un novellino!”
Greg estrasse il suo fidato Leatherman e si calò nel ruolo di una barbuta infermierina,
pulì la ferita, bendò la caviglia dell’infortunato e ripresero il cammino[12].
A mezzogiorno, fradici di sudore (Greg) e per le continue piogge (Yu), arrivarono
ad un altro villaggio e bivaccarono con un piatto di riso e una lattina di Coca
Cola ricoperta di vermi[13]: il GPS di Greg indicava
che dovevano attraversare altri tre piccoli insediamenti prima di raggiungere il
loro obiettivo finale.
A tarda sera, quando incominciarono ad incrociare sul loro cammino donne che portavano
secchi di acqua arrampicandosi per le impervie colline della regione, Greg capì
che dovevano essere vicini, queste povere donne infatti sono costrette ogni giorno
a farsi chilometri di cammino anche solo per un bicchiere d’acqua. Quando raggiunsero
finalmente il loro villaggio, il più grande fra quelli incontrati fin’ora, Greg
capì che la meta finale era l’unica casa di mattoni, la casa del capo villaggio.
Stranamente Greg si aspettava di udire musiche folkloristiche ed assistere a danze
tribali, invece furono accolti da un’assordante musica da discoteca Tailandese.
“Sembra proprio che ci sia una festa.” disse Greg ridacchiando. Non fece nemmeno
in tempo a togliersi lo zaino che fu trascinato all’interno di una rumorosa capanna,
dove un vecchio generatore diesel stava tirando gli ultimi per dare energia ad un
improbabile stereo. Dopo aver fatto due stanchi e goffi passi di danza giusto per
non sembrare scortese, Greg aveva bisogno urgente di fare una doccia e di rifocillarsi.
Il capo villaggio fu ben lieto di dimostrare la sua ospitalità indicandogli la doccia
da usare: Greg la riconobbe, consisteva infatti di un secchio ed un mestolo, uno
di quelli che le donne incontrate lungo il sentiero portavano sommessamente per
chilometri sulla propria schiena[14].
Cenarono assieme agli uomini al chiaro di luna, nel vero senso del termine, infatti
finita la festa danzante, l’unico generatore era stato spostato in un’altra capanna
per dare energia ad un altro importante e vitale strumento: la televisione.
Dopo cena Yu si accomiatò da Greg comunicando che per lui era ora di andare a
caccia. Greg lo guardò sbigottito e gli chiese “Di cos’è che vai a caccia a quest’ora
della notte?!”
“A caccia di tigri dai capelli lunghi” rispose.
Un luccichio si accese negli occhi di Greg che capì al volo “Se non ti dispiace
verrei a caccia anche io”. Yu fu ben lieto di questa proposta, infatti già l'asiatico
aveva ottime possibilità di non andare in bianco essendo agli occhi delle indigene
un “ricco cittadino”, se poi veniva accompagnato anche da un “ricco occidentale”
allora avrebbe matematicamente centrato il segno[15].
Si recarono presso una delle capanne di frasche e Yu disse “Aspettami qui che entro
e ne porto fuori un paio.” Entrò e Greg da fuori lo sentì parlottare, non capiva
il linguaggio degli indigeni, ma gli sembrò chiaro che Yu stava facendo l’imbonitore,
tessendo le lodi di sé stesso e di Greg ai genitori delle ragazze. Dopo un paio
di minuti uscì dalla capanna con due ragazzine la cui somma delle età era ancora
parecchio distante dagli anni totalizzati da Greg.
“Cosa diavolo sono queste! Mi avevi detto che andavamo a caccia di tigri feroci,
questi sono due cuccioli!”
“Qui non esistono donne disponibili più vecchie, nel villaggio una di 15 anni che
non abbia già 2 figli è ritenuta una zitella inacidita.” sogghignò Yu “Le ragazze
sono felici di poter stare in nostra compagnia e i loro genitori ne sono onorati.”
Greg soppresse a stento l’istinto di imprecare alla luna piena, in effetti non era
proprio il caso di essere sgarbato, soprattutto perché si trovava da solo a centinaia
di chilometri da qualsiasi barlume di civiltà. Rispose quindi: “Va beh, andiamo
a berci qualcosa in un posto dove a scanso di equivoci possano vederci tutti e poi
via a dormire! Ognuno nella sua culla!”
Passarono così un’ora in allegria offrendo Lao Lao (whisky di riso) a mezzo
villaggio[16] e Greg si divertì come erano anni che
non accadeva, si sentì per la prima volta parte di qualcosa: lo stare lì al buio,
circondato da gente ospitale, gli fece capire cosa voleva dire far parte di una
comunità.
Si liberò delle ragazzine mandandole al cinema (il televisore di cui sopra), passò
ancora un’oretta con i pochi sopravvissuti ai fumi del Lao Lao ed infine
andò nel suo agognato letto, praticamente un pavimento di legno con sopra una zanzariera.
Fuoco incrociato
L’indomani mattina Greg si alzò di buon umore notando che praticamente tutti
gli uomini avevano un'aria sbattutella. Il Lao Lao aveva colpito. Bene, mal
comune mezzo gaudio! A lui il mal di schiena per il letto, a loro l’emicrania per
il liquore.
“Yu, sveglia!” tuonò “Devi portarmi alla scatola nera del satellite.”
“E’ davanti ai tuoi occhi, non la vedi?” rispose “è tutta sera che ce l’hai avuta
sotto il naso.”
“Mi stai prendendo per i fondelli? Dove diavolo sarebbe?”
“Guarda bene la nuova casa degli spiriti[17] del
capo villaggio.” rise il mercenario asiatico.
Greg rimase a bocca aperta, la scatola nera giaceva su un trespolo circondata da
svariati animaletti in terracotta: dopo essersi assicurato che nessuno guardasse,
aprì l’involucro metallico, estrasse il dispositivo di memorizzazione e richiuse
il tutto.
“Speriamo che gli spiriti non se la prendano se ho smontato il loro soggiorno.”
ridacchiò Greg.
Si recarono dal capo per salutarlo e quest’ultimo si lanciò in abbracci e benedizioni
in una lingua totalmente incomprensibile alle orecchie del vecchio veterano che
a sua volta però annuiva rispettosamente.
Lasciato alle spalle il villaggio, dopo un’ora di silenzioso cammino, Greg chiese:
“Senti un po’ Yu, per curiosità, ma che diavolo di parabola ci ha recitato il capo
villaggio quando siamo andati a salutarlo, le sue benedizioni mi basteranno per
i prossimi due anni!”
“Non erano benedizioni, semplicemente era contento di aver fatto la tua conoscenza
e quella del tuo collega che ti ha preceduto tre giorni fa.”
In un istante il copioso sudore di Greg si raggelò, ma non abbastanza velocemente
da impedire alla testa di Yu di esplodere spalmando la propria materia grigia su
tutta la risaia. La felice e spensierata scampagnata si trasformò in un battito
di ciglia nel peggiore degli inferni infuocati; centinaia di proiettili sibilavano
lungo il crinale della montagna e le linee di luce dei traccianti si avvicinavano
sempre più pericolosamente la posizione in campo aperto di Greg.
“Uomo a terra! Uomo a terra!” avrebbe urlato Greg se nella sua dotazione ci fosse
stata una radio portatile, ma purtroppo la sua missione era top secret e dunque
priva del supporto della cavalleria.
I fischi dei proiettili che provenivano sia da destra che da sinistra gli fecero
immediatamente capire che era caduto sotto il fuoco incrociato di un’imboscata e
che lui era il protagonista dei festeggiamenti pirotecnici. Schiacciato dal peso
del suo zaino tattico[18] incominciò a strisciare
lungo il pendio infangato, doveva assolutamente levarsi da quella scomoda posizione
e poi, eventualmente, se ne avesse avuto la possibilità, rispondere al fuoco. Greg
iniziò a scivolare incontrollatamente e pericolosamente lungo il viscido pendio,
d’altra parte era molto meglio sbucciarsi le manine sul terreno che prendersi un
proiettile camiciato in piombo nel proprio cranio: le risaie, grazie a Yu, per quel
giorno erano state concimate a sufficienza. Arrivato in fondo al fangoso pendio
intravide un riparo, si alzò per fare un balzo ma un dolore lancinante lo schiacciò
a terra: nel momento che aveva alzato la cresta, il colpo preciso di un AK-47 gli
aveva fottuto il ginocchio destro[19].
“Di bene in meglio dannazione! Almeno peggio di così non può andare.” disse dolorante
fra sé e sé.
Quasi fosse stato il protagonista di un romanzetto avventuroso di serie B, a quelle
parole il cielo si squarciò ed iniziarono a cadere ettolitri di acqua.
“Di una cosa almeno sono sicuro: qui non può nevicare!” grugnì.
Dei passi iniziarono ad avvicinarsi alla sua posizione, per l’esattezza il rumore che
percepiva nella boscaglia corrispondeva a due persone; probabilmente i due cecchini
stavano arrivando per controllare se il loro ultimo colpo fosse stato letale o,
in caso contrario, per indicare a Greg la luce in fondo al tunnel.
Greg estrasse dalla fondina la propria Beretta 9mm, levò la sicura, scarrellò l’arma
e si assicurò che il colpo fosse in canna, libero da qualsiasi eventuale grumo di
fango accumulato durante la scivolata: la sua unica possibilità era quella di sorprendere
i due visitatori e quello che proprio non voleva era sentire il famoso “click della
morte”, ovvero il rumore sordo che fa il cane della pistola quando va a colpire
un proiettile che fa cilecca.
“Due colpi due morti, due colpi due morti, due colpi due morti...” iniziò a ripetere
ipnoticamente in una sorta di training autogeno. Non avrebbe avuto la possibilità
di sparare più di due colpi e le sue condizioni fisiche attuali di certo non gli
permettevano di fare capriole alla Starsky e Hutch: lì era e lì sarebbe rimasto,
doveva solo decidere se vivo o esanime in una pozza di sangue.
Una mano lurida scostò il fogliame vicino alla sua posizione e due sagome entrarono
nel campo visivo di Greg; l’uomo in testa era leggermente voltato verso il secondo
e se la stavano ridendo di gusto, quasi fossero ad una gita scolastica.
“Bravi fessi! Questa è l’ultima barzelletta che vi raccontate in vita vostra!” La
9mm di Greg non fece complimenti, sputò due saette infuocate in direzione dei bersagli,
colpendo il primo al cuore e il secondo allo stomaco. Il primo allegro compagnone
raggiunse il creatore all’istante, il secondo si accasciò a terra vomitando sangue.
Un colpo di arma da fuoco allo stomaco è notoriamente il peggiore, ti porta con
certezza matematica all’altro mondo, ma non prima di aver sofferto pene atroci per
5 minuti almeno.
“Mi dispiace povero bastardo, potrei anche alleviare le tue pene, ma sinceramente
non ne ho voglia. Non sarebbe carino nei confronti di Yu. E poi avevo detto due
colpi/due morti e mi dispiacerebbe rovinare questa eccellente prestazione.”
Greg guardò il proprio GPS, il Nam Khan era ancora a tre ore di cammino
e la situazione non era certo idilliaca. Le alternative erano due, alzarsi e camminare
prima dell’arrivo del buio oppure fare da merendina a qualche tigre.
Decise che le tigri per quel giorno avevano abbastanza di che banchettare, fece
impassibilmente rientrare il proprio ginocchio in sede, recise un palo per aiutarsi
a camminare e si avviò lentamente verso il fiume[20].
La quiete dopo la tempesta
“Vi dico che sapevano tutto, maledizione! La vera memoria della scatola nera
ce l’ha qualcun altro, quei bastardi ci hanno preceduto e mi hanno teso un agguato.”
imprecò Greg dal telefono della sua stanza di albergo a Vientiane[21].
“Senti Greg, prima di poter tornare a farti massaggiare le chiappe in Malesia, devi
completare la tua missione, devi recuperare la stramaledetta scatola nera. Fra due
giorni ti manderemo dei rinforzi lì a Vientiane, fatti trovare alle 17:30 al tempio
di Wat Sok Pa Luang. Chiudo.”
“Fanculo anche a te!” chiuse Greg sbattendo la cornetta.
Due giorni dopo, esattamente alle 17:30, mentre era assorto in una sessione di
meditazione Vipassana[22], Greg si sentì battere
timidamente sulle spalle, si girò e, turbando la meditazione dei monaci, si lasciò
sfuggire un improperio ad alta voce: l’immagine dei tre sbarbatelli che stavano
sull’attenti davanti a lui gli fece capire che il bello, purtroppo, doveva ancora
arrivare[23].
Continua con Cambogia, tri fo uan dolah e termina con Malesia, il finale...
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