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Quattro maghi in Cina

Quattro maghi in Cina

Località: Asia, Cina

Anche questa volta il titolo non nasconde alcuna metafora (vedi Quattro maghi a Stoccolma), questa infatti è la vera storia di quattro maghi che, dopo essere stati a Stoccolma e aver poi girato mezza Europa, se ne andarono tutti assieme in Cina.

La storia de “I. Ma.Gi.A.” è abbastanza recente. Tutto inizia quando Andrea Veronese e Pierluigi Bellin, già professionisti della magia da un paio di decadi, scoprono nel libro di un illusionista americano un effetto curioso: una scatola volante che contiene una persona. Il libro non dice molto, nemmeno le misure per la realizzazione, il tutto è descritto in un’unica pagina assieme ad un approssimativo disegno a mano libera. La loro intuizione però è che l’effetto potrebbe nascondere grandi potenzialità; ecco che dunque all’inizio del 2004 costruiscono vari prototipi fino a che, verso la fine dell’anno, la loro grande illusione funziona.
A quel punto però sono ben consci di essere solo all’inizio dell’opera, ora bisogna costruire uno spettacolo e per farlo hanno bisogno di un regista con esperienza sia teatrale che magica: è così che entra in gioco Igor De Ruitz.
I quattro amici (al gruppo nel frattempo si è aggiunta Sabrina Giavarina) stabiliscono i loro ambiziosi obiettivi: creare un numero a budget limitato, ma soprattutto originale.
Dopo due anni di lavoro centrano entrambi gli obiettivi, realizzano infatti un numero fatto tutto in cartone e a loro dire originale... quello che manca è vedere se anche gli altri la pensano allo stesso modo. Presentano dunque il risultato dei loro sforzi al Concorso Internazionale della Magia di Abano Terme 2005 e vincono il primo premio oltre che, cosa senza precedenti, un premio speciale della giuria per l’originalità. Sarà stato un caso? Ci riprovano oltralpe e ottengono lo stesso risultato. Da quel momento la strada è chiara, per Igor, Sabrina, Gigi e Andrea inizia una stagione di ingaggi internazionali, trasmissioni televisive, importanti produzioni e, ciliegina sulla torta, l’ingaggio per il prestigioso spettacolo di gala del FISM (Fédération Internationale des Sociétés Magiques) 2009 a Pechino.

Il Viaggio

Beijing

La capitale della Cina offre così tante attrattive storico culturali, che nelle due settimane che ho trascorso a Beijing assieme agli atri tre maghi, al nostro addetto alle pubbliche relazioni Gianluca e alla nostra fotografa ufficiale Sara, non ho mai avuto la possibilità di annoiarmi. Non sto qua ad enumerare le località più ovvie, come la Città Proibita o la Grande Muraglia, ma provo a segnalarvi alcune cose che magari le guide non riportano.
Nonostante sia una delle città più inquinate del mondo è ricca di parchi, è piacevole ad esempio passeggiare sull’isoletta del parco Beihai ed osservare le famigliole che navigano pigramente sui laghetti o fermarsi ad assaggiare i gustosissimi jiaozi (ravioli cotti al vapore) fatti a mano.
Il parco Jingshan è situato su una collina artificiale fatta costruire dall’imperatore per porre freno alla calura che arrivava da nord. Come conseguenza di ciò, questo è l’unico posto a Pechino dove potete fare una foto dall’alto della Città Proibita.

Beijing

Gli hutong sono gli antichi quartieri di case grigie della città, ormai quasi scomparsi a causa dell’urbanizzazione aggressiva ed è solo grazie al loro valore turistico se non sono scomparsi del tutto. Le guide citano soprattutto l’hutong sito nella zona delle Torri del Tamburo e della Campana, ma purtroppo è anche il più turistico, di vere abitazioni con bagno in comune ne sopravvivono ben poche, per la maggior parte ci sono bancarelle e ristorantini. Provate invece a girare a caso nelle zone più decentralizzate o, se non avete tempo, andate nella zona della Residenza del Principe Gong o meglio ancora in quella del Tempio della Pagoda Bianca.

Beijing

Per quanto riguarda gli spettacoli, la scuola circense mette in scena ogni sera esibizioni al limite dell’impossibile. Vi consiglio “The Legend of Kung-Fu”, un musical basato sulla storia di un monaco, ricco di acrobazie ed esibizioni di arti marziali, stabile al Red Theatre dal 2004 con migliaia di repliche sulle spalle: un po’ come andare a New York e vedere “Cats”.

Per quanto riguarda la cucina non potete fare a meno di assaggiare l’anatra alla pechinese, piatto tipico della città che gli abitanti giurano essere esclusiva di Beijing: vi consiglio uno dei tanti ristoranti della catena Quanjude (www.quanjude.com.cn), ce ne sono di più o meno turistici a seconda della loro collocazione in città. Attenzione però che la difficoltà di comunicare con i camerieri è inversamente proporzionale al suddetto fattore, potreste trovarvi con un menu senza foto, scritto solo in ideogrammi, con i camerieri che ridacchiano tra di loro senza fare il minimo sforzo per capirvi e voi che a gesti tentate di mimare un’anatra spalmata di lacca.

Per quanto riguarda lo shopping, impossibile non recarsi al Silk Market, i grandi magazzini del tarocco di qualità, dove tra l’altro gli abili sarti cinesi in 4 giorni vi possono confezionare per pochi soldi eleganti vestiti su misura con stoffe finissime. Per i vostri souvenir invece, il posto giusto dove andare è il mercato delle pulci di Panjiayuan (preferibilmente di Domenica), girarlo tutto in un giorno è ardua, ma in una mattinata si possono fare ottimi affari.

Le Hawaii della Cina

Hawaii della Cina è il soprannome dato dai Cinesi all’isola di Hainan, ex colonia penale per i dissidenti del regime, ed oggi ironia della sorte, meta turistica esclusiva fra le più ambite dalla popolazione. La capitale Sanya non è ancora certo all’altezza di meritarsi il titolo di Honolulu della Cina, ma non è da escludere che fra un po’ di anni riesca a raggiungere la controparte americana, nel frattempo grandi hotel di lusso spuntano in continuazione lungo le chilometriche spiagge. Se poi vi passasse per la testa il pensiero “Finalmente una località turistica dove non parleranno solo Cinese!”, allora vi dico “Avete ragione!”: il problema è che poiché la maggior parte del turismo proviene dalla ex Unione Sovietica, la seconda lingua del luogo è il russo e le insegne sono tutte scritte in ideogrammi cinesi e caratteri cirillici… dalla padella alla brace insomma.

Sanya

Qui non ci siamo recati per scelta, ma per partecipare ad una trasmissione televisiva (vedi il video in calce) nel grande teatro tenda che per 3 anni ha ospitato le finali di Miss Mondo. Dopo 15 giorni di smog pechinese, l'Eadry Resort è proprio quello che ci serviva, aria di mare, SPA e piscina: ce n'è una piena di pesciolini pulitori che vi faranno il peeling, da evitare se soffrite il solletico!

Questa è stata l’ultima tappa della nostra avventura collettiva, infatti Sabrina, Andrea e Gigi tornano in Italia (Gianluca ci aveva lasciato già a Beijing), mentre io e Sara continuiamo per altre due settimane ad esplorare la Cina.

Xi’an

Un tuffo nel passato

Xi’an è l’antica capitale dell'impero, meta praticamente irrinunciabile per chi viene in Cina, infatti nelle immediate vicinanze è possibile visitare uno dei tesori archeologici più stupefacenti dell’umanità, l’Esercito di Terracotta. Messi a guardia della tomba dell’imperatore Qin Shi Huang, ottomila guerrieri in terracotta alti circa 2 metri, ognuno con un volto differente, vigilano severi dotati di armi, cavalli e carri da battaglia.

Vale la pena comunque spendere almeno una giornata nel centro della frizzante Xi’an, oltre alle sempre presenti torri del tamburo e dell’orologio, un giro all’ora di pranzo nel quartiere musulmano stimolerà dovutamente le vostre papille gustative.
A costo di contraddire le guide turistiche più blasonate, il pezzo forte a mio parere non sono né le torri, né la Pagoda della Grande Oca, quanto piuttosto le antiche mura Ming restaurate: noleggiate una bicicletta, fatevi un giro completo della città pedalando per 14 Km sulle mura e dopo un po’, complici le allucinazioni dovute alla fatica ed al sole battente, potreste sperimentare un viaggio a ritroso nel tempo.

Il claustrofobico City Hotel è pulito, a buon mercato e soprattutto centralissimo.

I sogni di un bambino

Un breve viaggio in treno ci porta a Luoyang, tappa che fino all’ultimo non sapevamo se includere nel nostro itinerario, sulla carta infatti la città è descritta come un’anonima metropoli industriale. Come al solito, contrariamente a ciò che affermavano le guide, è stata quella che ci è piaciuta di più, semplicemente per il fatto che la piccola città vecchia che ancora sopravvive a stento, è stata la più autentica meta del nostro viaggio. L’autenticità è il problema con cui si scontra sin da subito il viaggiatore, la Rivoluzione Culturale a suo tempo rase al suolo tutti i riferimenti storici della cultura cinese preservandone pochissimi, in pratica solamente la Grande Muraglia e la Città Proibita. Nonostante siano affascinanti, la maggior parte dei palazzi antichi, delle pagode e dei templi, sono tutte ricostruzioni postume dovute alla riscoperta dei Cinesi del loro patrimonio culturale (e soprattutto dell’indotto economico che questo porta).

Nelle immediate vicinanze della città sono presenti le Grotte di Longmen, dichiarate patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, che racchiudono scolpite nella roccia oltre centomila statue di Buddha, con dimensioni variabili dai pochi centimetri alle decine di metri.

Ma in realtà un altro era il motivo per cui ci siamo spinti nella provincia dello Henan, la Cina infatti mi dava la possibilità di esaudire in un colpo solo i miei due sogni di bambino: due erano le cose che mi affascinavano maggiormente in tenera età, le esibizioni dei maghi ed i film di Bruce Lee, di conseguenza i miei desideri erano, primo diventare un bravo mago e secondo andare lì dove in tempi antichi nacque l’arte marziale per eccellenza. Direi che con la partecipazione come star al più importante spettacolo mondiale di magia, possiamo tranquillamente mettere la spunta sul primo obiettivo. Per quanto riguarda il secondo sogno, il caso vuole che a cinque ore di autobus da Luoyang, si trovi il celeberrimo Tempio di Shaolin, è lì che i monaci ispirandosi alle posizioni degli animali crearono una delle arti marziali più letali al mondo. Non vi nascondo che soffre dei problemi di autenticità di cui sopra, il tempio infatti durante la Rivoluzione Culturale fu raso al suolo ed i monaci spediti a forza a lavorare nei campi. La storia recente vuole che negli anni ‘70 l’industria cinematografica di Hong Kong producesse ed esportasse centinaia di film di Kung Fu ed uno che ebbe parecchio successo fu proprio “Il Tempio di Shaolin”. I Cinesi si resero subito conto del paradosso, possedevano il tempio di Shaolin originale, ma erano i cugini della colonia britannica che facevano soldi con esso. Si affrettarono dunque in fretta e furia a ricostruirlo, a recuperare i pochi monaci ancora in vita ed oggi il tempio ospita il più grande collegio di arti marziali della Cina, qui infatti i genitori lasciano i loro figli che sono ancora dei bambini e dopo alcuni anni vengono a riprenderseli ormai trasformati in guerrieri acrobati.

Luoyang

Essendo una città industriale poco frequentata dai turisti, non aspettatevi grandi hotel, ma piuttosto i classici alberghi da uomini d’affari. Il Luoyang Cygnus International Hotel è pulito e confortevole.

La New York della Cina

Per la nostra ultima tappa ci siamo voluti trattare bene, riservandoci una camera panoramica nel Radisson Blu Hotel Shanghai New World. Collocato all’inizio della rinomata Nanjing Road, vi permette la sera di raggiungere comodamente la luminosissima zona pedonale e vagare pigramente accecati dai neon colorati e dalle lussuose vetrine. Al termine della passeggiata cercatevi un ristorante con vista sul Pudong per mangiare prelibatezze all’aria aperta ed allo stesso tempo godere dello spettacolo messo in scena dai luminescenti grattacieli.

Shanghai

Anche Shanghai possiede una città vecchia, ma niente a che vedere con Luoyang, si tratta praticamente di un centro commerciale a cielo aperto. Se però dalla città vecchia iniziate a dirigervi a piedi verso ovest, potreste incrociare la vera città vecchia, perdervi nei suoi vicoletti e magari com’è capitato a noi, finire dentro una bisca clandestina.

Concludendo, della Cina si possono dire tante cose, se ne può parlare bene e se ne può parlare male, ma nessuno può negare che è stata la culla di una grande civiltà che ha esteso le proprie influenze fino all’occidente; in definitiva, nonostante i problemi di genuinità che a tratti ci danno la sensazione di essere in un parco a tema, non è possibile non andarci.

L'Intervista

Sintesi dell'intervista pubblicata sul periodico Magia Moderna

FISM

Iniziamo subito con la domanda che penso vorrebbero porvi un po’ tutti, come è stato partecipare allo spettacolo di gala del FISM?

E’ stata un’esperienza senza eguali ed oggi è un ricordo meraviglioso ed indelebile.
A parte la partecipazione allo spettacolo, che già di per sé sarebbe un’esperienza unica, a questo bisogna aggiungere la particolare sede in cui si è svolta questa edizione del prestigioso congresso; non ci riferiamo solo all’aspetto esotico della cosa (anche se questo ci ha dato l’occasione di visitare questo grande e affascinante paese), ma al fatto che in Cina la magia sta vivendo oggi un periodo florido, facendo zapping nei numerosi canali della CCTV, in qualsiasi momento della giornata è facilissimo imbattersi nell’esibizione di un prestigiatore. Questo ha contribuito a creare un impatto mediatico che difficilmente avrebbe potuto avere eguali in altre parti del mondo; Lin Jan (presidente della World Championship of Magic 2009) ci disse sin da subito: “Ricordatevi che qui in Cina voi sarete delle Star, abbiamo investito moltissimo nel pubblicizzare questo evento all’interno del paese.”
E così è stato. Pensa che non abbiamo fatto in tempo a ritirare i bagagli dal nastro trasportatore dell’aeroporto, che siamo stati assaliti dalle troupe televisive che volevano intervistarci. E questo è stato solo l’inizio...

A parte la vostra esperienza personale come artisti, cosa ne pensate del FISM 2009?

Molti, anche noi a dire il vero, si aspettavano un tremendo FISM tutto ombrellini e ventagli e invece, per fortuna, così non è stato.
Ogni edizione ha avuto le sue peculiarità, probabilmente la lontananza dalle usuali “rotte magiche“ occidentali, non ha favorito la partecipazione di un elevato numero di concorrenti.
Ma quello per cui questo FISM si distingue dagli altri, come detto prima, è la risonanza mediatica che ha avuto. Nel 2006 a Stoccolma, appena si usciva dai confini del centro congressi il FISM scompariva, l’impressione che ne abbiamo avuto a suo tempo, era che lo Svedese medio neanche immaginasse che a pochi passi da lui si teneva il più importante concorso magico del mondo.
In Cina non è stato così, la televisione ha martellato prima, durante e dopo, ad esempio ogni giorno il telegiornale mostrava una sintesi della giornata magica, i mezzi pubblici erano tappezzati di pubblicità dell’evento, grandi manifesti (ma proprio grandi) richiamavano l’attenzione dei Pechinesi su ciò che stava accadendo nella loro città.
Dopo il congresso la maggior parte degli artisti del gala (noi compresi) è rimasta a Pechino per fare altri spettacoli: abbiamo registrato il tutto esaurito (e in Cina “tutto esaurito” vuol dire che quando i posti a sedere sono finiti la gente si ammassa in piedi nei corridoi) in un teatro da oltre 2000 posti a sedere per otto serate consecutive.
Se ancora non abbiamo reso l’idea della visibilità dell’evento, pensa che a un paio di settimane dal termine del FISM, dopo che ci eravamo concessi un po’ di relax e turismo, ci è capitato di entrare in un centro commerciale ed essere assaliti dalle commesse che ci avevano riconosciuto e volevano l’autografo. Ecco, questo pensiamo sia ciò che ha reso unico questo FISM, la nostra opinione è che oggi ci siano pochi Cinesi che non sanno cosa sia la World Championship of Magic; non so se altri paesi che nel passato hanno ospitato un’edizione del WCM possano dire la stessa cosa.

FISM

Quali sono i motivi che secondo voi vi hanno portato a questo ingaggio importante?

Il merito è stato dell’originalità della messa in scena, cioè sicuramente l’effetto che presentiamo è bello, ma non tale da giustificare da solo un ingaggio al FISM. Citando la recensione di Tim Ellis, “I.Ma.Gi.A. hanno portato un altro stile di magia, un colore differente allo show, mi sono molto divertito con il loro numero.”
Inoltre Lin Jan disse che il nostro stile avrebbe avuto un particolare successo con il pubblico cinese. I Cinesi infatti sono un pubblico timido, non hanno l’espansività di un pubblico come quello nordamericano. Può capitare che qualcuno gli voli davanti per tutto il palcoscenico come faceva Peter Marvey, ma che per non disturbare non tributino neanche un applauso se non alla fine. Viceversa, se oltre a stupirli li fai anche ridere, ovviamente le risate non riescono e non vogliono trattenerle… e a quel punto li senti tutti.

FISM

Quanto tempo ci vuole per costruire un numero come il vostro?

Purtroppo non possiamo risponderti, perché non abbiamo ancora finito di costruirlo. Battute a parte, sembrerà impossibile, ma anche a Pechino abbiamo apportato delle piccole modifiche. Un numero di magia è come un essere vivente, cresce ed evolve in continuazione. Per tornare alla tua domanda, più che di tempo, c’è bisogno di specifiche competenze, tante prove e infinita passione. A noi ci sono voluti esattamente 5 anni per trasformare un disegno sulla carta in un inchino davanti al pubblico del FISM.

I. Ma.Gi.A.

Come si costruisce un numero all’interno di un gruppo come il vostro, è difficile mettere d’accordo quattro persone?

Le dinamiche del nostro gruppo sono di stampo teatrale, i ruoli sono dunque ben definiti.
Come ci ha chiarito Igor sin dal primo giorno, il teatro non è una democrazia: l’attore ha la responsabilità di creare un personaggio credibile, il regista ha la responsabilità di creare uno spettacolo che funzioni. Tutti partecipano al processo creativo, propongono le loro idee e criticano i risultati, ma la decisione finale spetta sempre e comunque al regista.

A tal proposito, come sono stati creati i vostri personaggi?

Il metodo adottato è stato molto aperto e sperimentale, i movimenti e la mimica non sono mai stati forniti in maniera preconfezionata, Igor ha sempre spiegato nel dettaglio la situazione e le intenzioni, ma ha lasciato all’attore la parte creativa su sé stesso. E non ci siamo limitati solo all’ambito specifico del nostro numero, il regista di volta in volta creava situazioni completamente differenti e ci spingeva come esercizio a mantenere i personaggi: per farti un esempio, Pierluigi seduto al tavolo del ristorante in compagnia di Sabrina mentre Andrea fa il cameriere, oppure Andrea e Pierluigi che guidano un automobile in mezzo al traffico. Inoltre siamo stati abituati sin dall’inizio a gestire istintivamente gli imprevisti, durante le prove, senza nessun preavviso, alle volte il regista simulava un inconveniente e gli attori dovevano adattarsi senza nessuna sbavatura. Tutti questi esercizi di improvvisazione, oltre ad essere stati molto divertenti (alle volte anche faticosi), ci hanno portato a raggiungere quella spontaneità che abbiamo oggi.

Raccontatemi un aneddoto, un episodio curioso che vi è accaduto in questi anni.

Ci piace citare il seguente: un paio di anni fa abbiamo fatto uno spettacolo in un teatrino di Zurigo, penso che sia stato il più piccolo palcoscenico in cui siamo riusciti a far stare la nostra attrezzatura, il pubblico praticamente era seduto a 2 metri da noi.
Insomma, lo spazio era talmente piccolo che, all’inizio del numero quando i due protagonisti si inseguono correndo attorno ad uno scatolone, Pierluigi è caduto rovinosamente giù dal palcoscenico. Ma, grazie a tutti gli esercizi di improvvisazione che avevamo fatto lo spettacolo non si è interrotto, probabilmente il pubblico ha pensato che facesse parte del numero: Andrea mantenendo il suo ruolo di burlone è scoppiato a ridere prendendo in giro Pierluigi; quest’ultimo è scattato in piedi e, mantenendo il severo ruolo del suo personaggio, sculettando è tornato sul palco. Sembrerà impossibile, quella è ricordata da noi ancora oggi come la più lunga acclamazione che abbiamo mai ricevuto al termine di uno show, ad un certo punto oltre agli applausi sono cominciati addirittura a piovere fiori lanciati dal pubblico.

Cosa ne pensate delle competizioni magiche?

A noi personalmente piacciono molto, sono divertenti ed emozionanti.
Servono alla carriera? Dipende dalla carriera che uno vuole fare. Pensiamo che mettere sul biglietto da visita “Campione del Mondo” non serva poi così tanto se ci si vuole dedicare esclusivamente agli ambiti più commerciali. Però noi abbiamo scelto di vivere questa avventura in maniera divertente, assecondando il nostro grande amore per la magia, dunque per noi il concorso è una tappa fondamentale ed irrinunciabile.
In linea generale non è necessario vincere un concorso, l’importante è avere un buon numero da presentare e partecipare, ci sono moltissimi esempi di vincitori che sono scomparsi nell’oblio e di altri che senza aver vinto si sono fatti notare e hanno spiccato il volo.

Che consigli dareste a chi volesse creare un numero per un gala internazionale?

Noi maghi amiamo troppo la magia e questo ci porta a spostare sull’effetto tutto il centro di attenzione del nostro spettacolo. Tentate di estraniarvi dal vostro numero, tentate di guardarlo da fuori, tentate di essere pubblico e non maghi, tentate di offrire agli altri un’esperienza emotiva completa, non solo stupore, ma anche divertimento, romanticismo, tensione... insomma non solo stupore.
Se non ce la fate a fare questo da soli fatevi aiutare, cercate qualcuno che assista alle vostre prove e vi dia consigli dall’esterno, ascoltatelo e cercate in tutte le maniere di aumentare la carica emotiva della vostra performance.
Non c’è niente di peggio che vedere numeri che sono una mera collezione di prodigi e fioriture, senza nessuna orchestrazione o filo conduttore.
Non fraintendeteci, potete anche fare a meno di raccontare una storia, potete anche solo limitarvi a contestualizzare i vostri effetti, ma quello di cui non potete fare a meno è cercarvi un personaggio interessante. Sentiamo alle volte colleghi che male interpretano quest’ultima cosa, dicono “Ma io non voglio essere un personaggio!” . A questi rispondiamo “Non è possibile NON essere un personaggio”. Anche se saliste su un palco e steste immobili a fare niente, sareste comunque, anche se non lo volevate, un personaggio; l’unica cosa che potete scegliere è se essere un personaggio interessante o uno noioso, se presentarvi in una veste originale o in una banale.

Lo Spettacolo

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